Nell’open space di Corsico, periferia di Milano su venti postazioni ne sono occupate solo la metà. L’amministratore delegato ogni volta che fissa i colloqui non si presenta nessuno. Motivo principale: la sede di lavoro è a Corsico, troppo lontana dal centro di Milano.

Non è un call center di quelli classici che offrono promozioni telefoniche, si occupa di gestione e recupero crediti societari. Per lavorarci occorre una laurea in materie giuridiche o economiche e capacità relazionali. Nell’open space di Corsico, periferia di Milano dove ha sede la Goodman & Marshall, su venti postazioni ne troviamo occupate solo la metà. L’amministratore delegato, Riccardo Terrana, non riesce a trovare impiegati. Pur offrendo un contratto da novecento euro netti il primo mese e di mille e duecento già al quarto mese con assunzione a tempo indeterminato, ogni volta che fissa i colloqui non si presenta nessuno. Motivo principale: la sede di lavoro è a Corsico, troppo lontana dal centro di Milano. In effetti, la distanza dalla Modonnina è di dieci chilometri e richiede un tempo di percorrenza di circa trenta minuti. 

Contattiamo telefonicamente alcuni dei candidati che hanno rinunciato. La prima è di San Donato Milanese, ventuno chilometri dal potenziale posto di lavoro. Ci conferma che ha rifiutato perché non vuole lavorare nella periferia di Milano. Stesso discorso per una sua collega di Vermezzo (stesso tempo di percorrenza) o per Denise che abita in via Crespi, in centro a Milano, e il colloquio di lavoro lo pretendeva via Skype, troppo distante anche per andare a vedere di che si trattava. Poi c’è chi ha preferito un posto come collaboratrice «in uno studio notarile più sotto casa». Altri colleghi, invece, pur non trovando un’occupazione diversa hanno preferito lo stesso rinunciare alla chiamata. 

«Sono fiducioso di trovare un lavoro migliore» ci dice Gianmarco.Era stato contattato all’inizio di febbraio scorso per iniziare a lavorare ma non si è presentato all’appuntamento. «Probabilmente non hanno bisogno di lavorare o pensano che possano ottenere qualche sostentamento da parte del Governo» dice Terrana cercando una spiegazione. Ci ha contattati dopo la prima puntata dell’inchiesta del Corriere.it sul lavoro povero, quella in cui si parlava del call center Almaviva di Palermo pieno zeppo di laureati con 110 e lode, unica vera opportunità di lavoro per tanti giovani che cercano di evitare l’emigrazione al Nord. «Abbiamo il problema opposto a quello di Palermo e pur offrendo stipendi più alti e mansioni diverse rispetto a un normale call center non riusciamo a trovare lavoratori», lamenta mentre mostra il fac simile del contratto che offre persino la quattordicesima. 

Dopo un po’ arriva la segretaria, sotto il braccio ha un plico pieno zeppo di curriculum. Sono quelli che hanno fissato un colloquio e poi non si sono presentati (o hanno disdetto). Sono poco meno di cento. La stragrande maggioranza residenti a Milano. Tra coloro che hanno rifiutato l’offerta di lavoro ci sono neolaureati che chiedevano una mansione dirigenziale già al primo incarico, pur non avendo alcuna esperienza lavorativa. «In genere provengono da università prestigiose. Pensano di poter fare subito carriera senza sapere nulla del lavoro. E’ un’aspirazione legittima ma bisogna considerare anche che Milano ha lo stesso numero di avvocati presenti in tutta la Francia – aggiunge Terrana -. Altri si presentano qui con l’idea di lavoro diffusasi con Chiara Ferragni, ossia fare un non lavoro e guadagnare molto. Al di là se possa essere o meno definito un lavoro, non so nemmeno se hanno le sue capacità per farlo».