(1) – Alfano: ora più proposte al governo. Il nostro ruolo rimane determinante

“Fin qui il nostro sostegno al governo Monti è stato annacquato dai ma e dai però. Da oggi c’è la necessità di fare ulteriore chiarezza. Sarebbe sbagliato dire che sarà un sostegno senza se e senza ma, ma certamente con meno se e meno ma”. Lo afferma il  segretario del Pdl, Angelino Alfano, alla presentazione del suo libro “La mafia uccide d’estate” a Napoli.nE specifica: “meno se e meno ma che si tradurranno in una maggiore capacità di proposta da parte del partito e in una maggiore centralità”.

Alfano affronta numerosi argomenti durante l’incontro con i militanti napoletani.

Governo. Sulla scadenza ormai prossima, dei primi cento giorni del governo dei tecnici, dice che si tratta di “una scadenza importante che in genere coincide con la fine della luna di miele e che per la sinistra coinciderà con la fine della sbronza ma che per noi è stato un tempo utile per riaverci dal trauma”.

Lavoro. “Subito la riforma del mercato del lavoro. Chiediamo al governo di procedere rapidamente con la riforma del mercato del lavoro. Non accettiamo che si perda tempo sulla riforma del mercato del lavoro perché è quella che darebbe davvero maggiore competitività alle imprese e al nostro Paese”.

Liberalizzazioni. “Noi approviamo questo disegno di legge sulle liberalizzazioni che riteniamo una buona cosa per gli italiani tanto che avevamo cominciato a farle noi con i servizi pubblici locali.

Pensiamo che andranno rafforzate e irrobustite. Quindi siamo per aggiungere e lo faremo in Parlamento con una nostra iniziativa evidente”.

Riforma Costituzionale. “Intendiamo riformare la seconda parte della Costituzione per modernizzare l’architettura dello Stato”.

Alfano spiega che in un momento come quello che stiamo vivendo c’è bisogno di “istituzioni dal riflesso pronto e dalla decisione rapida”. Per questo occorre “dare la possibilità ai rappresentanti isitituzionali di assumere in tempi rapidi la responsabilità di decidere per il bene del Paese”.

Congressi. “Anche in Campania, come del resto d’Italia, i congressi si faranno entro il prossimo marzo”. Parlando dei vertici locali campani specifica di aver trovato “un clima di grande coesione e compattezza con un partito pronto a rilanciare e a vincere le nuove sfide che Napoli e la regione ci porranno innanzi, sempre per il bene dei napoletani e dei campani.

Del resto questo e’ un partito che aveva già vinto molto negli ultimi due-tre anni avendo conquistato non solo il governo della Regione ma anche tante Province e Comuni. Questa è la prova di un Pdl sano che è pronto a continuare a vincere”. E aggiunge: “noi abbiamo sostenuto Stefano Caldoro. Lui è stato un ministro del governo Berlusconi e oggi è il presidente espressione del Pdl. Se ci sono vicende da chiarire come accade spesso all’interno delle amministrazioni le chiarirà il senatore Nitto Palma (nuovo commissario regionale, ndr) che è venuto qui con un ampio mandato per affrontare e risolvere le questioni aperte, ma il rapporto c’è e resta solido”.

(2) – I partiti restano decisivi, noi lo siamo

L’apporto della politica resta decisivo” ha detto ieri Giorgio Napolitano a Bologna (poco dopo avere subito una contestazione dei centro sociali), per aggiungere un riferimento esplicito alle elezioni 2013: “Al termine della legislatura ai partiti spetterà di gestire un nuovo avvio di una dialettica di alternanza non più inficiata da una conflittualità paralizzante e non chiusa alle convergenze politiche che le esigenze e l’interesse del Paese potranno richiedere”.

Benissimo, aspettavamo di sentircelo dire. Ovviamente nessun partito è perfetto, ma riteniamo che il Popolo della Libertà abbia le carte in regola.

  • L’apporto della politica resta decisivo: è quanto sosteniamo e pratichiamo fin dal debutto del governo Monti. Ora anche l’opinione pubblica capisce che molte delle misure annunciate servono a poco o sono controproducenti per l’economia e il lavoro, e quindi richiedono il concorso più attivo delle forze elette dai cittadini.
  • Al termine della legislatura: se ovviamente ci si arriverà (e non dipende solo da noi) il Pdl si farà trovare pronto. Siamo il primo partito nazionale, il più moderato, il più aperto alle riforme e alle novità.
  • Una nuova dialettica di alternanza: anche su questo punto abbiamo le carte più che in regola. L’alternanza è essenziale alla democrazia; essa prevede il sistema bipolare a la chiara scelta di chi dovrà governare. Qualsiasi ipotesi di riforma elettorale dovrà basarsi su questi due pilastri.
  • Non più conflittualità paralizzante: ma da chi sono venuti i conflitti? Mentre noi lavoravamo al governo (per conseguire alcuni risultati e oggi Monti e l’Europa ce ne danno atto), la sinistra che faceva, se non sfilare in piazza, andare sui tetti, cavalcare tutte le proteste senza assumersi alcuna responsabilità, senza fare nessuna proposta in questa difficilissima situazione?
  • L’interesse del Paese: noi lo abbiamo fatto lasciando spontaneamente palazzo Chigi ed un governo al quale eravamo stati democraticamente eletti. Siamo l’unico caso nella storia italiana di una forza politica che ha fatto un passo indietro dal potere per consentire un esecutivo di interesse nazionale.

Ecco: precisiamo queste cose e mettiamo questi paletti perché è sempre bene ricordare che il Pdl e l’èra Berlusconi non sono “un incidente della storia” come la sinistra e certa stampa cerca ancora di far credere. Tutti nel mondo vincono o perdono le elezioni – e tra pochi giorni vedremo il destino di Sarkozy – ma non dimentichiamo che i moderati sono la maggioranza degli italiani ed il Popolo della Libertà rappresenta questa maggioranza. E quando si andrà a votare lo farà ancora di più.

(3) – Europa/Dal vertice la conferma: lo sviluppo è un’Araba Fenice

“Abbiamo ottenuto ciò che volevamo”. E’ stato questo il commento del presidente del Consiglio al termine del vertice di Bruxelles, facendo riferimento al rientro dal debito pubblico che viene ora imposto dal nuovo patto di bilancio. Ma il principio che per l’Italia si debba tenere conto di “fattori rilevanti” interni ed esterni, in pratica che si debba tenere conto della crisi per evitare impossibili rientri troppo accelerati, era già stato sostenuto con una dura battaglia anche procedurale oltreche’ sostanziale dal Governo del presidente Berlusconi.

Per lunghi mesi il Governo di centrodestra ha chiesto che venissero valutati nel calcolo del debito pubblico  l’elevato ammontare di risparmio degli italiani assieme a un  sistema previdenziale senza pericoli di futuro sforamento, nel quadro di una grave crisi internazionale. In sostanza, il nostro Governo ha sottolineato che il debito pubblico italiano, per quanto elevato in termini assoluti, e’ come dire, temperato e reso sostenibile, dal risparmio e dal patrimonio di famiglie e imprese. Quei risparmi e quel patrimonio che non sono mai stati oggetto di rispetto da parte della sinistra che ha cercato, anzi, di mettere le mani nelle tasche degli italiani a più riprese, con tasse e imposte e balzelli su quei risparmi.

In definitiva, quello di ieri a Bruxelles è apparso come l’ennesimo summit mezzo deludente perché al rigore imposto dalla Germania non ha saputo affiancare quelle misure per il lavoro e la crescita ormai indispensabili dopo che il tasso di disoccupazione in Italia ha raggiunto il livello record di quasi il 9 per cento con punte del 31 per cento per i giovani. Allo stesso modo è stato rinviato il finanziamento del nuovo fondo salva-stati.

Si conferma, ancora una volta, che parlare di sviluppo e’ facile, quanto a realizzarlo neanche i tecnici lo sanno.

(4) – Più politica per uscire dalla crisi

Siamo certi che la consueta enfasi offerta dai giornali a qualunque pronunciamento, intervento o manifestazione di cui il Capo dello Stato è protagonista, non finisca per nascondere il clima difficile di questa crisi che non risparmia nessuno? Quello che è successo nella piazza rossa di Bologna, mentre il primo cittadino d’Italia stava per ricevere una laurea honoris causa da uno dei più prestigiosi atenei nazionali, non può essere liquidato come un sintomo qualunque di un malessere organizzato e attribuibile solo ad uno specifico gruppo, quello dei così detti “Indignati”.

E’ vero che probabilmente nel mirino dei contestatori c’era più il ministro dell’istruzione Profumo che il presidente della Repubblica: tuttavia i cartelli parlavano chiaro e lasciavano intendere per la prima volta nell’ultima parte del suo settennato, che nessuna Istituzione può essere immune da una protesta che cova in alcuni ambienti della società civile.

A ben vedere i segnali di uno “stress” eccessivo tra le condizioni reali del Paese e la mole di sacrifici imposta da questo governo chiamato alle sue responsabilità dall’emergenza economica, crea un disagio nella cittadinanza non sempre riconoscibile.  Che può avere, nessuno lo augura manifestazioni o sbocchi imprevedibili. Così si spiega che la contestazione possa raggiungere personalità che pure godono di un rilevante consenso nei sondaggi: sono gli stessi cittadini che accettano come medicina amara  le ricette del governo Monti sul piano economico e fiscale, ma che offrono una  piena comprensione per le proteste delle categorie tartassate, compresi gli autisti dei Tir!

Napolitano ha fatto il ministro degli Interni e certamente ha strumenti ed esperienza per non sottovalutare la circostanza. Forse anche per questo, aldilà del protocollo che di solito impone discorsi già preparati, ieri si è speso per un forte richiamo ai partiti perché ritornino ad essere protagonisti della vita politica nazionale. Questo significa rendersi conto che il “limbo democratico” rappresentato dalla supplenza del governo Monti, aldilà della sua volontà, deve restituire alle forze politiche e ai grandi partiti popolari quel ruolo di mediazione e di tutela dei legittimi interessi della pubblica opinione che, nell’attuale emergenza, stanno subendo una qualche forzatura.

C‘è da sperare e da impegnarsi – soprattutto per quel movimento  che sventola con orgoglio la bandiera dei moderati italiani-  che episodi simili o più gravi non si ripetano e non si diffondano.

Ma chiunque gode, in Italia e in Europa, dell’autorevolezza necessaria, non può credere che la delegittimazione della politica e dei partiti non metta a rischio, in qualunque democrazia, l’equilibrio di una sana vita civile. In mancanza del quale nessuno Stato può crescere e progredire, indipendentemente dalla sua salute finanziaria.

(5) – Giustizia?/Berlusconi, le accuse si inventano

Ieri mattina Silvio Berlusconi si è presentato in un’aula del Tribunale di Milano per rendere dichiarazioni spontanee, onde convincere un giudice delle udienze preliminari a proscioglierlo e quindi non rinviarlo a giudizio. L’accusa? Avere ascoltato un tizio che proponeva al Giornale uno scoop. Risultato poi falso? No, verissimo. La famosa telefonata tra Fassino e Consorte, “allora abbiamo una banca?”, in merito alla scalata di Unipol a BNL, è vera. Ma questo dettaglio non interessa e si chiede di processare Berlusconi addirittura per concorso esterno nella rivelazione di un segreto istruttorio. Roba che se quel metro venisse esteso ad altri editori, uno in particolare di cui taciamo il nome per pietà, il Tribunale sarebbe impegnato 24 ore in quel genere di processi.

Due minuti esatti è però durata l’udienza. Perché il Gup ha rinviato il tutto al 7 febbraio, ritenendo che, stante la concomitante udienza al terzo piano dello stesso Palazzo del processo Ruby, non fosse cosa buona e giusta far aspettare le colleghe del Tribunale e il pm della Procura.

Per Berlusconi un viaggio a vuoto, per i suoi legali l’ennesimo esempio di una giustizia che ha un suo codice di procedura milanese ideato ad hoc per Silvio Berlusconi. Un fatto incredibile, non rintracciabile negli archivi della cronaca giudiziaria. Al processo Ruby intanto sfilano i testi dell’accusa, agenti della Polizia di Stato che hanno condotto le indagini. Si sentono pronunciare nomi di ragazze, versamenti di denaro, regali, e quanto già sappiamo della nota vicenda. Ma una prova che sia una, anche piccola, del coinvolgimento di Berlusconi in questioni legate alla presunta induzione alla prostituzione, zero assoluto! Staremo a vedere nel prosieguo se reggerà a lungo questa farsa giudiziaria.

E oggi di nuovo tutti in aula per il processo Mills. Con la gara da parte del Tribunale a fare in fretta per portare a casa il verdetto già scritto fin dall’inizio. E con il pm De Pasquale, l’accusatore a tempo pieno negli ultimi dieci anni contro Berlusconi, impegnatissimo a dimostrare che la prescrizione non scadrebbe il 14 febbraio ma addirittura a maggio 2012.

Perché lui vuole a tutti i costi la medaglia sul petto della condanna esemplare all’odiato nemico.

È giustizia questa?

Intanto la Corte d’Appello di Milano, nonostante un parere negativo espresso dall’avvocato generale dello Stato per la Procura generale, ha ammesso la richiesta di ricusazione del collegio Mills, presieduto da Francesca Vitale, istanza presentata dai difensori e firmata dallo stesso Berlusconi, in cui si denuncia il fatto che i testimoni della difesa siano stati cancellati dal Tribunale e che per diverse motivazioni sia evidente l’intento colpevolista a priori dello stesso Tribunale. Ora la Corte d’Appello convocherà due udienze camerali in cui sentirà le parti, difesa e collegio, e poi deciderà nel merito se ricusare o meno il giudice.

Il processo andrà avanti fino alla camera di consiglio, fino alla fine della requisitoria e dell’arringa. Il giudice però non potrà emettere sentenza fino al giudizio della Corte d’Appello sulla ricusazione. La prescrizione, inoltre, non si ferma.

(6) – Giustizia?/Del Turco le accuse si sgonfiano

“Del Turco, l’inchiesta fa acqua”, ci fa sapere L’Unità. Ci sono voluti tre anni e mezzo al quotidiano del Partito Democratico per raccontare a tutta pagina la storia di una vicenda politica e giudiziaria che grida vendetta e di un processo che si trascina stancamente da sei mesi nella vana attesa che i pm esibiscano uno straccio di prova della “concussione” imputata all’ex governatore di centrosinistra dell’Abruzzo. Un uomo abbandonato dai “compagni” e da una sinistra schierata sempre e comunque, senza se e senza ma, con le procure e con le truppe dei pm, identificate  come la punta di diamante di un salvifico assalto giudiziario al nemico Berlusconi e ad un centrodestra altrimenti inespugnabile con le armi della democrazia e del voto popolare.

Il crollo della giunta di centrosinistra a seguito di quell’inchiesta certificata dalle avventate parole del procuratore capo di Pescara (“abbiamo una valanga di prove”) non fece velo a Berlusconi che, il giorno dopo la “retata”, da Parigi scatenò le reazioni inviperite dell’Associazione magistrati definendo “strana una decapitazione completa di un intero governo di una regione e anche il teorema accusatorio, conoscendo l’attuale sistema dell’accusa in Italia…”.

E dei giorni in cui veniva scaricato dai vertici del partito e trattato come un appestato dai suoi ex compagni “che mi avevano tolto il saluto e in strada facevano finta di non vedermi”, Del Turco raccontava in un’intervista di non poter dimenticare le parole di Berlusconi due giorni dopo l’arresto: ”Disse che non solo mi conosceva, e bene, ma che era certo della mia innocenza”.

E ora, dopo tre anni e mezzo di odissea giudiziaria, 26 giorni di galera, mesi di domiciliari, neppure una parola di solidarietà da sinistra, nessun beneficio del dubbio, il silenzio tombale su un’inchiesta che da subito apparve fare acqua da tutte le parti, ora che Berlusconi- guarda caso- non è più a Palazzo Chigi, L’Unità si sveglia per raccontare che non c’è nessuna prova, che i soldi della concussione non si trovano, che ogni euro di ogni conto in banca di Del Turco trova una giustificazione accertata e plausibile, che le decine di milioni dell’inchiesta hanno forse preso un’altra scorciatoia, visto che il suo unico accusatore è accusato a sua volta di bancarotta fraudolenta. Del Turco due settimane fa, in un’intervista a Panorama, si toglieva qualche sassolino dalla scarpa sul Pd, dove “ci sono due anime: quella della parte più brutta della tradizione cattolica e l’altra risalente al Pci, quella dei Torquemada e dei Violante, che hanno avvelenato i pozzi della politica di inchieste giudiziarie”. E a proposito del voto su Cosentino: “E’ stata l’insurrezione della parte più nobile del Parlamento, e devo ringraziare il deputato radicale Maurizio Turco, l’unico che ha letto le carte e si è espresso in base a quelle. La Bindi non le ha neanche lette, mentre dovrebbe alzarsi in piedi e spiegare in base a quali passaggi dell’inchiesta giudiziaria ritiene che una persona debba essere arrestata. E’ una vergogna”.

Anche L’Unità gli restituisce finalmente la parola e Del Turco chiede come risarcimento “un Pd diverso, un atto di umiltà dei vecchi dirigenti del Pci, che uomini come D’Alema e Veltroni decidessero di passare nella riserva della politica”.

Ma la risposta dell’Unità non va in quel senso e, con un’ultima canagliata, racconta una storia alla rovescia, cioè di un Berlusconi e di un centrodestra impegnati a sfruttare l’inchiesta per mettere in cattiva luce il Pd e conquistare l’Abruzzo. Bugiardi e sbugiardati dallo stesso Del Turco che, vittima del giustizialismo del suo partito, soltanto nella tradizione garantista del Pdl ha trovato solidarietà e comunque quel beneficio del dubbio che spetta a un imputato, segno di una civiltà giuridica trascinata nel gorgo del giustizialismo e che la sinistra non conosce più.

(7) – Giustizia?/La manifestazione non si farà

Da giorni il Pdl è “inondato da mail, telefonate e richieste di cittadini, militanti e dirigenti locali del Popolo della Libertà, che premono per una grande manifestazione nazionale di sostegno al Presidente Berlusconi”, ma per il momento “la manifestazione non ci sarà”. Lo fa sapere un coordinatore del Pdl Denis Verdini. “Alla luce delle indiscrezioni apparse sui giornali di stamattina – dice in una nota Verdini- e della solita leggenda metropolitana (anzi, ornitologica) che vorrebbe il Pdl popolato da falchi e colombe, mi sembra opportuno precisare quanto sta realmente accadendo”.

“E’ vero – evidenzia – posso confermare che da giorni siamo inondati da mail, telefonate e richieste di cittadini, militanti e dirigenti locali del Popolo della Libertà, che premono per una grande manifestazione nazionale di sostegno al presidente Berlusconi e di sollecitazione alla grande riforma liberale della giustizia italiana. Comprendiamo le ragioni e i sentimenti del popolo azzurro, e sappiamo bene che da anni, in Italia, si accetta quel che non sarebbe immaginabile in nessun grande Paese occidentale: un pervicace uso politico della giustizia, il tentativo di colpire l’avversario politico per via giudiziaria e di mettere in discussione nei tribunali ciò che gli elettori hanno deciso nelle urne.

Ma la manifestazione, almeno per ora, non ci sarà”. “Il presidente Berlusconi – dice Verdini – e’ emozionato e commosso per questa ondata di calore, che lo rafforza nel desiderio di moltiplicare il suo impegno per il Pdl e per il Paese, ma ha scelto un profilo di responsabilità al quale non intende derogare.

Ringrazio anch’io quanti continuano a sollecitare forme di mobilitazione: e non mancheranno tempi e modi per esprimere vicinanza al presidente e per confermare la nostra volontà di contribuire a un profondo rinnovamento del Paese”.

(8) – Il rinnovamento passa anche dal web

Un nuovo spazio all’insegna dell’ascolto, della comunità e della riconquista: questo è il sito del Popolo delle Libertà, che si presenta al popolo di internet dopo un importante e accattivante restyling. La data scelta per presentare il nuovo canale online di comunicazione non è una data qualunque: il 26 gennaio. Il giorno in cui Silvio Berlusconi, diciotto anni fa, è sceso in campo “in difesa della libertà per impedire che l’Italia fosse governata da forze illiberali”. Un vero e proprio salto nel mondo 2.0 per www.pdl.it caratterizzato da parole d’ordine come semplicità, multimedialità, aggiornamenti continui, social media, “naturalmente mobile”, “valorizzazione della comunità web”.

Tante le novità introdotte, a partire dalla home page, una porta di accesso a tutte le risorse dell’universo targato Pdl, più ricca, facile da utilizzare e immediata. E’ strutturata con un aggiornamento costante delle notizie più importanti della giornata, e una griglia che mette in evidenza gli “strumenti sociali” e “domini” inaugurati di recente (l’account Twitter e quello di YouTube, governobelusconi.it,la pagina Facebook di Silvio Berlusconi e il blog di Angelino Alfano).

Nuove sono anche la sezione “approfondimenti”, al servizio degli utenti che vi potranno trovare numerosi documenti in formato visivo, le pagine con tutti i rappresentati alla Camera, al Senato e al Parlamento Europeo – con indicazione del sito web personale, dell’account Twitter e di quello su Facebook-, lo spazio “volontari digitali”, aperto a chi vuole “difendere e diffondere online la causa del Popolo della Libertà” e l’area “politica insieme” dedicati ai sondaggi. Numerose sono anche le iniziative in arrivo a breve come “domande&risposte” su Twitter con i deputati del Pdl, come da tempo fa Barack Obama (e non solo) negli Stati Uniti.

A lanciare il sito dopo il restyling è stato il segretario del partito, Angelino Alfano che ha spiegato che “con questo portale chiediamo ai giovani non più di attaccare un manifesto sui muri, come si faceva una vota, ma di scrivere un post sulla loro bacheca di Facebook.” E ha sottolineato come “utilizzare internet favorisca l’espansione dell’economia digitale” e rappresenti un modo “per aumentare non solo il pil ma anche i posti di lavoro”. Anche Antonio Palmieri, responsabile internet del Pdl, ha raccontato le potenzialità e le opportunità fornite dalla nuova versione “è studiata per connettersi dai cellulari e dagli smartphone e così sarà più facile navigare e informarsi”.

Il rinnovamento del partito passa anche dal web.

(9) – Perché l’Europa deve ignorare gli analisti

di Giampiero Cantoni

docente di economia internazionale, senatore PdL

e presidente della Commissione difesa

Possiamo fidarci delle agenzie di rating? Questa è una domanda legittima, e proveremo tra un istante a dare una risposta. Di certo però è una mossa temeraria agire come ha fatto la Procura di Trani, che ha sottoposto a perquisizioni e ha fatto presentire una azione giudiziaria nei confronti degli analisti della Standard & Poor. In questo modo, secondo ahimè una moda italiana, trasferiamo tutti i problemi sul piano giudiziario, e non è una cosa che ci accredita come Paese serio e affidabile. Magari ci fa abbassare il rating, non sulla solvibilità finanziaria, ma su quella dell’intelligenza.

Torniamo a cose più serie. Vediamo. Standard & Poor’s ha abbassato il rating di buona parte dei Paesi dell’Eurozona. La sospirata tripla A resta patrimonio esclusivo della Germania (per ora). Tanto è bastato a farci precipitare subito nel panico. Ma è giusto affidarsi ai giudizi di questi operatori? Una premessa. Il mercato delle agenzie di rating è, in buona sostanza, oligopolistico. Lo è per colpa del regolatore americano, la SEC, che per anni lo ha mantenuto artificialmente limitato, nella convinzione che fosse più semplice e facile regolamentare pochi grandi operatori che molti, autenticamente in concorrenza. Oggi ci sono 11 agenzie di rating, le maggiori sono tre, qualcuno è ai nastri di partenza che si sta scaldando. Qualche mese fa manifestò la sua intenzione di entrare nel mercato Kroll, il grande investigatore.

Come mai le agenzie sbagliano tanto spesso? Si direbbe: perché anche i valutatori sono umani, come tutti. C’è però un problema di conflitto d’interessi. Infatti molto spesso i rating sono “solicited”: cioè pagati dalle stesse imprese che vengono valutate. Non è così per gli Stati: che vengono “misurati” su parametri basati su dati pubblici e noti a tutti.

Ciò detto, è opportuno che l’Europa si faccia condizionare da un pugno di analisti? No, non lo è. Più concorrenza fra agenzie di rating aiuterebbe ad avere valutazioni più sensate, soprattutto per le imprese. Per quanto riguarda gli Stati, è necessario non dimenticare mai che le valutazioni, squisitamente economiche, degli analisti faticano a comprendere che c’è un salto logico, fra aritmetica e politica. In particolar modo, per quello che riguarda Paesi ad alta fiscalità e alta spesa pubblica come quelli dell’Europa mediterranea, aspettarsi correzioni automatiche è rischioso quando non aleatorio. “Lettori” del presente che avessero contezza non solo dei valori contabili, ma delle variabili politiche che condizionano la vita pubblica italiana, sarebbero stati più clementi con il nostro Paese. E magari lo sarebbero stati meno, e non da oggi, con la Francia: Paese che ha conservato a lungo la tripla A a causa del suo rapporto debito/PIL, nella generale ignoranza circa le dinamiche politiche che ne governano la spesa e che, inevitabilmente, vanno nella direzione di una sua continua dilatazione.

Insomma, i rating vanno presi per quello che sono. Non sono un verdetto del mercato, non vengono da un sistema decentrato e plurale di condivisione di informazione e conoscenza.

Non sono, insomma, dei prezzi. Sono la valutazione, informata quanto si può, di singole agenzie, ovvero di singoli team di analisti. Noi leggiamo con interesse i rapporti di think tank e centri studi, ma non crediamo siano il Vangelo. Neppure i rating sono il Vangelo. Contribuiscono a spiegare un pezzo di realtà, ma non tutta la realtà. Teniamolo presente.  E vediamo di ricordarci ciò che le agenzie non vedono. Sarebbe opportuno a questo punto lanciare un’agenzia di rating che nasca non più sotto la tutela della SEC ma della BCE, con caratteristiche di in dipendenza e di trasparenza certificabili a sua volta. Essa, agendo senza paraocchi, vedrebbe il grande patrimonio degli italiani, che costituisce per il nostro Paese un “cuscinetto di capitale” di cui altre realtà sono sostanzialmente prive.

La forza del nostro sistema di piccole e medie imprese, che ha retto l’urto della globalizzazione. La fase politica nuova in cui siamo, nella quale una concordia prima sconosciuta ci sta aiutando a fare riforme non facili (più coraggio, presidente Monti!) e che non solo l’Italia, ma anche la Francia, la Spagna, il Portogallo, per non parlare della Grecia, dovrebbero avere il coraggio di mettere in cantiere. Insomma, ai signori di Standard & Poor’s abbiamo tutti i titoli per rispondere con Shakespeare: ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio…