(1) – Berlusconi: Napolitano un riferimento per tutti

“Oggi è una giornata importante per la nostra Repubblica. Ringrazio il Presidente Giorgio Napolitano per lo spirito di servizio e per la generosità personale e politica con cui ha accettato di proseguire il suo impegno e la sua opera in un contesto tanto difficile e incerto”. È l’omaggio che Berlusconi tributa al Presidente Giorgio Napolitano per la sua rielezione. “La situazione che viviamo richiede esperienza, saggezza, equilibrio, cultura politica e istituzionale: tutte qualità per cui Giorgio Napolitano è un riferimento per tutti noi”.

E sulla attuale situazione politica: “Non è questo il momento per altre valutazioni. Ma tutti gli italiani, da 54 giorni, hanno potuto vedere e giudicare il nostro comportamento sensato e responsabile rispetto a quello della sinistra e del Partito Democratico”.

Ai giornalisti che gli chiedono se la rielezione di Napolitano sia una sua vittoria, il leader del Pdl risponde con modestia: “Non credo che sia così…”.

Infine, Berlusconi commenta con durezza la manifestazione del Movimento 5 Stelle a Roma: “se ne vedono di tutti i colori, adesso anche la comica marcia su Roma di Grillo e del suo fascismo buffo. Una farsa che fa ridere ma che deve anche farci riflettere sui possibili sviluppi di questo movimento senza democrazia”.

 Brunetta: grazie Napolitano. Ora comincia una nuova fase

“La rielezione del presidente Napolitano è una tappa storica per la nostra Repubblica. In un momento particolarmente difficile per la vita politica e istituzionale del Paese il Capo dello Stato si è dimostrato ancora una volta il primo fra gli italiani”. Renato Brunetta, presidente dei deputati del Pdl commenta così la rielezione di Giorgio Napolitano. Grazie presidente Napolitano.

“Adesso comincia una fase nuova, dalla prossima settimana si lavorerà per dare finalmente al Paese un governo forte, stabile e di grande coalizione. Adesso è l’ora della responsabilità”.

(2) – Siamo stati centrali e decisivi

Tutti dicono che abbiamo vinto noi: il Popolo della Libertà e Silvio Berlusconi. Non indugiamo su questo punto, anche perché l’omaggio più forte, lo abbiamo detto, va piuttosto indirizzato a Giorgio Napolitano. È vero invece che il ruolo del Pdl è stato centrale e decisivo. Centrale, perché dopo il già ottimo risultato elettorale non ci siamo limitati a giocare in difesa e di rimessa, ma pur da una posizione (allora) di minoranza abbiamo contrastato ciò che c’era da contrastare e fatto valere le nostre buone ragioni. Abbiamo quindi detto no, con fermezza, alla deriva bersaniana che mirava alla conquista di tutte le cariche istituzionale, e che soprattutto cercava di trascinare l’Italia a sinistra. Questo è appunto il disegno che abbiamo contrastato, con successo, nell’interesse non tanto dei moderati ma del Paese. Poi siamo stati decisivi nel rivendicare, fin da subito, la necessità di dare un governo al Paese: un governo politico, condiviso e soprattutto stabile.

Questa linea è stata condivisa dal capo dello Stato, nel quale abbiamo trovato un interlocutore attento, autorevole, infine generoso. Adesso molti individuano in Berlusconi il vero vincitore: Berlusconi stesso lo ha smentito, e d’altra parte è facile dirlo ora, soprattutto da parte dei molti che fino a qualche giorno fa affermavano l’esatto contrario. Certo è, però, che così come non si è potuto sbloccare l’incresciosa vicenda del Quirinale senza il nostro ruolo centrale, così non si potrà fare il governo senza una nostra partecipazione sia al suo programma sia alla sua identità politica. Nell’elezione del capo dello Stato quel ruolo ha riguardato essenzialmente una cosa: il riconoscimento della pari dignità tra centrodestra e sinistra. Nessuna “conventio ad excludendum” nei nostri confronti, l’errore che ha portato a fondo il Pd. Analogamente per il governo – lo diciamo noi e lo dice Napolitano – occorre il concorso di tutti. Dunque un premier e una squadra condivisi, un programma egualmente frutto della responsabilità e dell’impregno comune. In tutto, premier, squadra governativa e programma, dovrà essersi la nostra impronta.

(3) – Alfano: ora un governo forte

“Se nascerà un governo di coesione nazionale è chiaro che dovrà essere forte”. Lo dichiara il segretario del Pdl, Angelino Alfano, intervistato dal Tg5. “Non abbiamo ancora deciso di fare un governo Pd-Pdl. Tutto dipenderà dal programma che si intesterà l’esecutivo che vuole nascere. Perché per noi è assolutamente evidente che quel programma dovrà contenere delle misure per arginare i costi della politica. Per un altro verso, non riesco davvero a immaginare una nostra partecipazione ad un governo che non dovesse avere come priorità il rimborso dell’Imu per il passato e l’eliminazione per il futuro. Si dovrà subito ragionare di come togliere quella tassa, perché è inimmaginabile che il Popolo delle libertà non porti avanti i grandi impegni che ha assunto davanti agli italiani, che poi sono gli impegni che guardano dritti al cuore della crisi”. E sulla sinistra: “spero che le liti all’interno del Partito democratico non producano altri danni all’Italia. Hanno la maggioranza alla Camera, se si inceppa la maggioranza si inceppa il Paese. Se la sinistra arriverà a una scissione ne prenderemo atto, spero che le loro liti non porteranno danni all’Italia”. In questo senso, “la rielezione di Napolitano significa il fallimento del Partito democratico, che prima ha presentato un candidato per fare la pace con noi (Franco Marini) e lo ha bocciato e poi un candidato per fare la guerra contro di noi, Prodi, e lo ha bocciato di nuovo”. Alfano si schiera con decisione a favore di una modifica costituzionale che preveda l’elezione diretta del Presidente della Repubblica: “abbiamo chiesto a Napolitano di accettare la rielezione, ma con rammarico e recriminazione per una nuova elezione di un Capo dello Stato guidata dai segretari dei partiti. Noi volevamo che a scegliere fossero i cittadini. Speriamo che sia l’ultima volta che un presidente si elegge così. Proporremo che la prossima volta venga scelto direttamente dal popolo”.

Spazio poi al Movimento 5 stelle. “Grillo vuole prendere il posto della sinistra, la classe dirigente del suo partito è tutta di sinistra”. E conclude: “Il Paese deve gratitudine a Berlusconi, si è comportato da statista. Ha dimostrato di essere la persona più responsabile, perché, ha messo prima gli interessi dell’Italia e poi quelli del partito dicendo di essere pronto a sostenere un presidente di sinistra sia al Quirinale e che a Palazzo Chigi purché ci sia un governo forte. E questo ha fatto crescere di 5 punti il Pdl dal giorno del voto a oggi”.

(4) – “Con i tecnici abbiamo già dato”

Da Il Messaggero, intervista al Segretario del PdL, Angelino Alfano

Un governo Pd-Pdl? «Dipende dal programma. Il nostro obiettivo è un esecutivo forte. Il lavoro dei saggi ha luci ed ombre, comunque non è il Vangelo». Alfano mette i paletti sulla formazione del nuovo governo. Con la soddisfazione di chi ha vinto la delicatissima partita del Colle, il segretario del Pdl mette i paletti sul prossimo, fondamentale, passaggio: la formazione del nuovo governo. «È apparso chiarissimo che Berlusconi si è comportato come uno statista vero. Noi non cambiamo indirizzo: o si riesce a fare un governo forte oppure meglio le elezioni».

Segretario, che significato riveste il bis di Napolitano? C’è chi parla di fallimento della politica, del commissariamento da parte di un signore novantenne che deve farsi carico dell’incapacità del sistema di risolvere i problemi che crea. È così?

«Noi rifiutiamo l’accostamento al Pd. Qui non c’è da esprimere una valutazione sulla “politica”. Bisogna invece avere il coraggio di esprimere dei giudizi. E il nostro è molto chiaro: il Pdl e tutto il centrodestra si è comportato con assoluto senso di responsabilità; che Berlusconi è apparso come un vero statista dicendo fin dal primo giorno di essere disposto a sostenere per il Quirinale un candidato espressione del Pd e idem per palazzo Chigi se questo era necessario per realizzare un governo forte, capace di risolvere i problemi dell’Italia. Immaginiamoci cosa sarebbe accaduto nella situazione opposta, cioè se fosse stato Bersani a dover esprimere sostegno ad un governo guidato da Berlusconi o da un esponente del Pdl: mai e poi mai il Pd avrebbe mostrato il medesimo senso di responsabilità. In più il Pd ha avuto la prova che noi siamo stati di parola: abbiamo infatti votato uno dei fondatori di quel partito, Franco Marini. Dunque non si può genericamente parlare di fallimento di forze politiche: bisogna parlare più concretamente di fallimento del Pd. Che prima ha proposto un presidente per fare la pace con noi, appunto Marini; poi ha proposto un presidente per dichiarare la guerra a di noi, Romano Prodi. Alla fine siamo arrivati a Napolitano. Che per fortuna ha accettato di essere rieletto».

Berlusconi ride, Bersani piange: a sinistra molti fotografano così la situazione. Hanno ragione?

«Che il vincitore assoluto della vicenda Quirinale sia Berlusconi, che si è dimostrato ripeto uno statista con altissimo senso di responsabilità, mi pare evidente. Il Pd paga il conto di vari errori strategici commessi in questa fase».

Se l’aspettava un collasso così plateale del Pd? Secondo lei, qual è stato il maggiore errore di Bersani?

«No, non nei termini che abbiamo visto. Ho rispetto, considerazione e simpatia per Bersani. L’errore più grave è stato non aver fatto i conti con la realtà. Chiuse le urne, il Pd non ha voluto prendere atto di non aver vinto le elezioni ed è andato a schiantarsi contro il muro eletto dai grillini. Un muro, si badi, che non verrà rimosso di qui alle prossime elezioni, quando si terranno. I grillini non hanno alcuna intenzione di stipulare un’alleanza con il Pd. Il loro obiettivo, piuttosto, è quello di sostituirsi al Pd. Il grillismo è un fenomeno squisitamente di sinistra che tende non all’alleanza bensì a sostituirsi alla sinistra».

Segretario, la rielezione di Napolitano con un consenso grandissimo schiude le porte ad un governo che può contare su una altrettanta corposa maggioranza, per così dire di larghissime intese? Ferme restando le prerogative del Quirinale, lei chi vuole a Palazzo Chigi: un tecnico o un politico? Con ministri espressione dei partiti e magari lei stesso alla vicepresidenza del Consiglio?

«A Bari, con l’intervento molto ponderato ed articolato di Berlusconi, abbiamo espresso una linea politica che non ha subito modifiche. Abbiamo detto che puntavamo sull’elezione di un capo dello Stato condiviso che poi desse vita ad un governo forte. Il mainstream di quella manifestazione per noi rimane: o un esecutivo in grado di fronteggiare l’emergenza economica e sociale oppure elezioni». Governo forte significa governo politico, di legislatura? «Esattamente. Un governo che per i numeri e la rappresentatività della sua composizione possa fare le riforme necessarie. Francamente, con i tecnici noi abbiamo già dato».

E Amato o Enrico Letta a palazzo Chigi con lei vicepremier in qualità di elemento di garanzia?

«Lasciamo stare il totonomi. Ascolteremo con grande attenzione e gioia per la sua rielezione il discorso di insediamento che farà oggi il presidente Napolitano. Esprimendo allo stesso tempo l’auspicio che questa sia la prima rielezione di un capo dello Stato e che il prossimo siano direttamente i cittadini a sceglierlo. Rilanciamo con forza l’elezione diretta del presidente della Repubblica con una gara di straordinaria democraticità come è stata quella tra Sarkozy e Hollande o tra Obama e Romney. Uno degli sbagli più grandi della sinistra è aver impedito questa riforma da noi proposta, peraltro approvata dal Senato. Ora è diventata indispensabile: mai più un ristrettissimo pugno di segretari di partito che decidono per tutti».

Segretario, il lavoro dei saggi scelti da Napolitano deve essere il canovaccio del programma d’azione del nuovo governo?

«Su quel documento abbiamo espresso un giudizio in chiaroscuro. Ci sono infatti luci e ombre e certamente non crediamo sia il Vangelo. A nostro avviso è buona cosa che il programma di governo lo scriva il presidente del Consiglio di concerto con le forze politiche della maggioranza. Il programma di governo non può essere dato in out-sourcing, non può essere appaltato a terzi. Quella dei saggi è un’ottima ricognizione ma non è un programma di governo già scritto».

Scusi, ma se è così con un governo Pd-Pdl non fareste esattamente il loro gioco? Non mettereste la testa proprio nel cappio che vuole Grillo?

«Noi non abbiamo ancora deciso di fare un governo Pd-Pdl. Tutto ovviamente dipenderà dal programma che si intesterà l’esecutivo che vuole nascere. Perché per noi è assolutamente evidente che quel programma dovrà contenere delle misure per arginare i costi della politica. Per un altro verso, non riesco davvero a immaginare una nostra partecipazione ad un governo che non dovesse avere come priorità il rimborso dell’Imu per il passato e l’eliminazione per il futuro».

E allora, segretario, dica la verità fino in fondo: voi intesi come Pdl, il centrodestra, Berlusconi non siete seriamente interessati a fare un nuovo governo. Il vostro unico e vero obiettivo è andare alle elezioni il più presto possibile per lucrare la grande difficoltà nella quale versa il centrosinistra e il Pd in particolare. Giusto?

«Niente affatto. Non abbiamo mai tentato di lucrare sulle disgrazie altri e men che mai quando queste coincidono con il male del Paese. Faremo esattamente quel che diciamo di voler fare: se ci saranno le condizioni per dare vita ad un governo forte, bene. In caso contrario, meglio le urne».

(5) – Con le nostre ricette rilanciamo l’Italia

Stamani i mercati hanno accolto il mutamento nel quadro politico italiano con un rialzo di quasi due punti della Borsa ed un ribasso di sei punti dello spread. Così come non abbiamo mai creduto in passato nella dittatura dello spread, non intendiamo farlo ora: i segnali sono invece molto importanti se li si valuta come le attese del mondo dell’economia. Che sono per un governo a tempi brevi, e soprattutto per un governo forte, in grado di durare il tempo necessario a rimediare ad alcuni errori del recente passato, un governo quindi che non potrà più essere tecnico, una formula che poteva andar bene per una limitata emergenza ma che poi non è stata in grado di affrontare i problemi veri del Paese. Per questo occorrono i politici, ed occorrono al più alto livello di responsabilità. E soprattutto fare ciò che Monti aveva promesso per la crescita, ma che poi ha lasciato sulla carta. Dunque occorrono i programmi, e non la semplice esecuzione delle direttive della troika europea-tedesca. Sia chiaro: non rivendichiamo poltrone; e quanto al programma non chiediamo tutto e subito. Ma un governo non potrà essere forte né politico se le forze maggiori del Parlamento non se ne assumono la responsabilità, anche attraverso loro esponenti. Quanto alle linee programmatiche, sarà certamente utile il contributo dei saggi nominati da Giorgio Napolitano; utile ma non esaustivo.

Come hanno fatto notare Renato Brunetta e Angelino Alfano, ci sono molti punti in comune tra ciò che chiediamo noi e ciò che chiede il Pd, almeno sul terreno dell’economia. E l’economia è il primo punto dal quale partire.

Ne indichiamo tre:

  • ridurre la pressione fiscale, nel rispetto delle compatibilità di bilancio. Questo deve includere anche la progressiva cancellazione dell’Imu sulla prima casa;
  • rilanciare l’economia e il lavoro, attraverso incentivi fiscali e contributivi (che costano zero alle casse pubbliche) per l’assunzione in pianta stabile dei giovani;
  • rinegoziare in modo netto e autorevole il nostro ruolo in Europa, assieme al fronte sempre più ampio di paesi che si ribellano all’austerità a tutti i costi, austerità che viene sempre più messa in discussione anche a livello accademico, oltre che dal Fronte monetario.

Tutto il resto dovrà e potrà seguire, ma ora è indispensabile e urgente intervenire sull’economia. Alla gente interessa questo. Così come interessa che la politica, per meritarsi la fiducia, si rimetta a lavorare a tempo pieno per il Paese.

Capezzone: la bussola del PdL sono gli 8 punti di Berlusconi

“Il Pdl ha una base di ragionamento e soprattutto un’ affidabile bussola di orientamento, che peraltro ha avuto il sostegno forte ed entusiastico di 10 milioni di elettori: si tratta degli 8 punti fortemente voluti dal presidente Berlusconi”. Lo afferma in una nota Daniele Capezzone, coordinatore dei dipartimenti Pdl.

“Si tratta delle seguenti proposte di limpida impronta liberale, riformatrice, modernizzatrice: 1) Abolizione dell’Imu sulla prima casa e restituzione degli importi versati nel 2012; 2) Revisione drastica dei poteri di Equitalia; 3) Detassazione delle nuove assunzioni; 4) Sburocratizzazione delle attività di impresa e passaggio generalizzato dalle autorizzazioni ex ante ai controlli ex post; 5) Forte taglio dei costi della politica; 6) Riforma del sistema fiscale; 7) Riforma della giustizia; 8) Elezione diretta del Presidente della Repubblica e rafforzamento dei poteri del Presidente del Consiglio”.

(6) – “Con la grande coalizione lavoro e crescita”

“Il nostro Paese può avere oggi un asset importante: è la sua riconquistata (con la rielezione di Napolitano) possibilità di recuperare una stabilità politica, che potrebbe determinarsi se in Parlamento si formasse una maggioranza forte, a sostegno di una politica di risanamento e crescita. Il metodo di lavoro da adottare è quello della grande coalizione”. È quanto scrive Renato Brunetta, presidente dei deputati del Pdl, in un editoriale pubblicato da Il Giornale.

“Da qui- continua- il prossimo governo italiano deve partire per contribuire, incidendovi con determinazione, all’aggiornamento della politica economica e di bilancio europea, nonché della politica monetaria dell’Ue. È quindi necessario che alla disciplina di bilancio si accompagni una politica di crescita e di investimenti finalizzati allo sviluppo”.

“A livello nazionale- sottolinea l’ex ministro- si rende necessario un intervento straordinario di aggressione al debito pubblico. Con l’attacco al debito si dovrebbe arrivare in 5 anni sotto il 100% del Pil, anticipando di fatto il fiscal compact grazie al combinato disposto di alienazione del patrimonio pubblico, avanzi primari significativi (ma sopportabili) e finalmente tassi di crescita reali tra l’1 e il 2%”.

“Ma l’attacco al debito pubblico, da solo, non basta: per scongiurare l’incertezza e l’ingovernabilità e per avere un’Italia credibile occorre una verticalizzazione delle istituzioni, che preveda l’elezione diretta del presidente della Repubblica e assicuri una guida stabile e democraticamente legittimata alla politica italiana. Attacco al debito e presidenzialismo: due facce della stessa medaglia. Un doppio segnale fortissimo”, conclude Brunetta.

Sandro Bondi – “Dopo l’elezione di Giorgio Napolitano, la politica dimostrerebbe un ulteriore senso di responsabilità e di intelligenza dando vita insieme ad un governo anche ad una assemblea costituente, sulla base del testo di legge depositato in Parlamento nella precedente legislatura dal Presidente Marcello Pera. Solo quando avremo superatola gravità della crisi economica e disegnato un nuovo sistema di governo si potrà tornare a testa alta di fronte al corpo elettorale”.

Fabrizio Cicchitto – “A questo punto o si fa un governo fortissimo o si fanno solo dei pasticci molto pericolosi per tutti. Occorre un governo che duri almeno due anni, non un governino disorganico o di sei mesi, allora tanto vale andare ad elezioni. Che sia rappresentativo del Pd e del Pdl, e della lista Civica. Nelle forme possibili, per carità, non chiamiamole larghe intese, chiamiamole anche mezze intese, come ha detto Marini, ma se non si fa questo, rischiamo di essere da capo a dodici. Il governo dovrebbe fare una scelta politico-istituzionale di fondo, a mio avviso quella del semipresidenzialismo alla francese e della conseguente legge elettorale vigente in Francia. Fare una mediazione economica dei programmi di Pd e Pdl, all’insegna di maggiore crescita e minor rigore, ovvero una correzione dell’agenda Monti”.

Maurizio Gasparri – ”Napolitano? Ha fatto una scelta coraggiosa, perche’ a 88 anni ha accettato un sacrificio notevole per il bene del paese. Berlusconi ha dimostrato lealta’ e senso dello stato mentre il Pd si frantuma. Cosa fare ora? O un governo forte politico per affrontare i temi dell’economia oppure e’ meglio andare al voto. Renzi? Pensa al proprio tornaconto personale, dell’Italia non gliene importa nulla. Ha ragione Marini: Renzi ha poca sostanza e tante ambizioni personali. Vada da Amici a fare il cantante, se vuole, servono persone piu’ solide, lui e’ un Veltroni minore, da’ ragione a tutti solo perche’ vuole piacere. Il nuovo premier? So che ha una grande considerazione per Amato. Noi non abbiamo pregiudiziali sui nomi, l’importante e’ che il programma sia condiviso. La nostra generosita’ e’ grande, vediamo se l’ottusita’ del Pd prevarra’ ancora”.

Mariastella Gelmini – “Alle forze politiche il compito di non sottrarsi al dovere di seguire l’esempio del Presidente Napolitano mettendo al primo posto l’interesse nazionale. Guidare il Paese fuori dalla crisi istituzionale e politica in cui versa e’ la migliore risposta alla violenza verbale e all’assenza di proposte dell’antipolitica”.

Gaetano Quagliariello – ”Per sbloccare la situazione occorre un accordo tra Pd, Pdl e Scelta Civica. In caso contrario si farebbe un favore al M5S, che si e’ tirato fuori. O si assumono la responsabilita’ di portare il paese fuori dalla crisi o si va al voto. Non lo auspico ma e’ meglio questo che una scelta fatta contro voglia, della quale ci si vergogna”.

Renato Schifani – “È da più di due mesi che il nostro Paese non ha una guida, non si può più continuare cosi. È giunto il momento che i partiti responsabili, e noi del Popolo della Liberta lo siamo, si mettano assieme per dare un governo politico forte all’Italia e non ci si trinceri dietro tecnici di area per nascondere le proprie responsabilità. Noi siamo pronti a farlo da tempo”.

(7) – Le elezioni adesso sono più lontane

Dal Corriere della Sera, a firma Massimo Franco

C’erano almeno tre obiettivi da raggiungere: eleggere un capo dello Stato condiviso da maggioranza e opposizione; arginare e fermare la spinta a elezioni anticipate; e formare un governo che rifletta la volontà di superare una fase di scontro durato troppo a lungo, con risultati negativi per l’Italia. Il primo risultato è stato ottenuto con la rielezione di Giorgio Napolitano con 738 voti; ed è la prima volta che accade: segno di una situazione drammatica, nella quale non solo i partiti ma il sistema hanno rischiato l’osso del collo. Gli altri due sono da costruire, ma sembrano esistere le premesse perché questo avvenga. Lo sconfitto sancito da questa elezione è Pier Luigi Bersani, benché in extremis sia stato proprio il segretario, insieme al suo vice Enrico Letta, a offrire formalmente la ricandidatura a Napolitano. Lo spappolamento del suo partito è il prodotto di una strategia maldestra ma non solo. Bersani paga anche responsabilità altrui. Ma esiste anche un secondo perdente, e si chiama Beppe Grillo. L’ex comico e leader del Movimento 5 Stelle ha reso sterile la forza parlamentare ottenuta il 24 e 25 febbraio, chiudendosi in un isolamento tipico di un estremismo che sa distruggere, non costruire. Di fronte alla vittoria di Napolitano i suoi parlamentari sono rimasti seduti. Per il resto si sono limitati a urlare e insultare, confermando di avere una visione singolare della democrazia. Grillo non ha trovato di meglio che organizzare un’irresponsabile «marcia su Roma» gridando al colpo di Stato; e aizzando la piazza contro la decisione presa dalle Camere in seduta comune, nella quale il suo candidato Stefano Rodotà ha preso 217 voti rispetto ai 738 del presidente della Repubblica appena rieletto: più di quelli raccolti da Napolitano nel 2006. La pericolosità della reazione dell’ex comico è stata sottolineata proprio da Rodotà, il quale ha dichiarato di essere «contrario a ogni marcia su Roma». Il solo fatto che l’abbia definita tale, echeggiando quella fascista del 1922, è suonato come dissociazione del giurista. Tanto che in serata Grillo ha annullato la sua presenza. Ma la deriva di piazza che il Movimento 5 Stelle tenta di alimentare pone problemi seri. Dovrebbe indurre i partiti a prendere atto di avere commesso errori a ripetizione: a cominciare dalla decisione di mantenere una legge elettorale dagli effetti pericolosi, dopo avere parlato di riforma per un anno. E lascia ferite profonde in una sinistra che si è sgretolata, e promette di rompersi in più spezzoni. Il Sel di Nichi Vendola è già passato con Grillo, dopo essersi presentato alle urne col Pd: anche se critica le parole sul golpe. Non solo. Un ministro del governo di Mario Monti, Fabrizio Barca, candidato a diventare segretario del Pd, si è dissociato dalla rielezione di Napolitano. Barca ha dichiarato a poche ore dal voto di ieri che bisognava puntare su Rodotà, in nome di una saldatura fra Pd, Sel e grillini. E Bersani è dimissionario, mentre la resa dei conti rischia di assumere i contorni di una scissione in tempi brevi. Chi invece esce rafforzato è Silvio Berlusconi, rimesso in gioco soprattutto dagli errori avversari. Il leader del centrodestra ha puntato dall’inizio su una candidatura trasversale, con la sponda di Scelta civica. E alla fine l’ha spuntata, chiedendo per primo a Napolitano di prendere in mano una crisi che si stava avvitando pericolosamente.

 (8) – “Berlusconi vero vincitore della partita”

Dai giornali di domenica 21 aprile

La Stampa (Amedeo La Mattina) – E’ la rivincita degli impresentabili» con tanta voglia di andare alle elezioni per fare cappotto al Pd. Ma per il momento Berlusconi frena una parte del suo partito scalpitante, continua a fare lo statista responsabile. A una condizione, che se governo di larghe intese sarà, il programma deve raccogliere a piene mani dagli otto punti presentati dal Pdl in campagna elettorale e riproposti nelle scorse settimane. A cominciare dall’Imu, dalla riduzione della pressione fiscale e dalle riforme istituzionali, presidenzialismo in testa. Senza dimenticare che anche sulla giustizia qualcosa bisognerà pure fare, no? Adesso il Cavaliere si gode la rivincita degli «impresentabili», lo sventato pericolo di trovarsi Prodi al Quirinale… Ora, centrato l’obiettivo del Napolitano bis, Berlusconi vorrebbe centrare il secondo obiettivo, quello del governissimo, ma si rende conto che la strada per arrivarci è dissestata dalle convulsioni del potenziale alleato di maggioranza… Niente governicchi, esecutivi tecnici, sotterfugi: un esecutivo politico contro l’antipolitica che duri almeno due, tre anni. Guidato da chi? Napolitano punta su Amato, ma la Lega di Maroni è assolutamente contraria. E Berlusconi non può permettersi di avere il Carroccio all’opposizione. Ecco allora l’opzione Enrico Letta affiancato da Alfano. Gira invece l’ipotesi della Cancellieri per Palazzo Chigi. Berlusconi non ne è molto convinto e tiene carica la pistola elettorale.

Il Giornale (Vittorio Feltri) – Lodevoli ma tardive la dimissioni di Pier Luigi Bersani. Lodevoli e tempestive quelle di Rosy Bindi. Il segretario del Pd, responsabile della linea del partito, già la sera del 25 febbraio, constatato che le urne gli avevano consegnato una vittoria risicata, praticamente una sconfitta, avrebbe dovuto intuire che non sarebbe riuscito a combinare nulla se non scendendo a compromessi: allearsi con il Pdl e con il M5S. Da solo, infatti, non avrebbe potuto governare per mancanza di numeri. Per settimane, ottenuto un incarico esplorativo da Giorgio Napolitano, ha cercato l’appoggio gratuito dei grillini, che gli veniva negato puntualmente. Lungi dal rassegnarsi, egli ha insistito rasentando il ridicolo, piegandosi all’umiliazione di vedere respinta ogni propria avance. Contestualmente, non prestava orecchio alle proposte di collaborazione di Silvio Berlusconi, il quale, persuaso che Bersani non avrebbe cavato un ragno dal buco, fin dal primo momento si era dichiarato disponibile alle cosiddette larghe intese. Niente da fare. Bersani ha preferito andare a sbattere contro un muro piuttosto che stringere patti con l’avversario di una vita. Risultato: nessun esecutivo…

Libero (Maurizio Belpietro) – … Se il segretario del Pd non si fosse intestardito a volere l’incarico di formare il nuovo esecutivo con i voti dei grillini e non si fosse messo in testa di poter scegliere da solo il prossimo capo dello Stato, l’accordo si sarebbe trovato in cinque minuti e forse oggi avremmo un governo vero e non uno finto, insieme con un presidente della Repubblica nuovo e non quello vecchio spacciato per nuovo…

Il Tempo (Carlantonio Solimene) – Non ha dovuto fare quasi niente, Silvio Berlusconi, per ottenere la vittoria forse più luminosa della sua carriera politica. Al punto che, in un paradossale rovesciamento dei ruoli, ora spetta a lui recitare la parte dello statista che difende la Costituzione, tocca a lui denunciare i rischi del «fascismo buffo» di Beppe Grillo e invitare alla riflessione sui «possibili sviluppi di questo movimento senza democrazia». Fa sorridere pensare, adesso, che proprio lui è stato accusato per anni di essere il leader di un partito, il Pdl, all’interno del quale erano assenti i normali meccanismi della democrazia. Alla prova dei fatti, quel Popolo delle Libertà nato – in un momento di grandissima difficoltà – come risposta al Pd veltroniano, si è dimostrato molto più compatto e coeso dei Democratici. Non ha dovuto fare quasi niente, Silvio Berlusconi, perché a consegnargli nuovamente la barra della politica italiana sono stati i suoi avversari, quelli che volevano «smacchiare il giaguaro». Al Cavaliere è bastata la semplice presenza sulla scena per determinare quanto accaduto nel campo avverso. Fin da quando, all’epoca delle primarie Pd, la sua sola ombra sulla candidatura di Matteo Renzi, «colpevole» di una visita ad Arcore, riuscì a seppellire le ambizioni del sindaco…

Il Fatto Quotidiano (Eduardo Di Blasi) – … Negli ambienti parlamentari di ogni colore, appare infatti limpido che la ridiscesa in campo di Napolitano si porti dietro le due condizioni di un governo tra le quattro forze politiche che hanno rieletto Napolitano (si fanno anche i nomi dei relativi premier: Enrico Letta con Angelino Alfano vice o Giuliano Amato con una rappresentanza politica nei ministeri) e di un programma costruito sulla scorta di quanto scritto dai dieci saggi in materia economica e istituzionale…

Il Giornale (Alessandro Sallustri) – …La ricreazione è finita e il Pd se ne deve fare una ragione: o un governo con Pdl e Monti o elezioni subito; meglio la prima ipotesi e poi, semmai, la seconda più in là … La seconda novità è che i rapporti di forza in Parlamento cambiano a soli 50 giorni dal voto. L’alleanza Pd-Vendola non esiste più, così come non esiste più il Pd. Chi verrà dopo Bersani dovrà abbassare le arie e venire a più miti consigli con l’area moderata liberale. Terza novità. Da oggi il Movimento Cinquestelle perde la sua presunta verginità e, come da noi ipotizzato in tempi non sospetti, si svela per quello che è: un partito radicale comunista alleato con Vendola che, infatti, gli si è appiccicato addosso come una cozza, non solo sulla candidatura Rodotà … Berlusconi non ha infierito sul nemico morente, ha mantenuto calma e buonsenso, non ha diviso ma unito, si è sostituito ai vertici del Pd offrendo su un piatto d’argento la soluzione Napolitano. Di fatto ha vinto lui. Come recita un tweet che circola in queste ore, speriamo ora che la Boccassini non lo indaghi per strage, accusandolo di aver fatto fuori tra il 1994 ed il 2013 tutti i leader di Pds, Ds, Ulivo e Pd. Il resto, si vedrà.

Il Fatto Quotidiano (Fabrizio d’Esposito) – … E’ cruciale l’immagine delle 18 e 16 a Montecitorio … A quel punto, nel conteggio delle schede Napolitano svolta quota 500 e arriva al quorum di 504. I grandi elettori di centrodestra, Lega, Pd e Scelta Civica scattano in piedi. L’applauso diventa un’ovazione e i berlusconiani girano le spalle alla doppia presidenza Boldrini e Grasso. Battono le mani per lui. “Sil-vio, Sil-vio”. Il Cavaliere si appoggia allo schienale, alza il capo verso il grande lucernario che fa da soffitto, il Velario di Beltrami, chiude gli occhi e si gusta il trionfo. Inizia una processione per fargli i complimenti e tra i banchi del Pdl s’intona l’inno di Mameli. Dal Pd, invece, un altro grido ritmato, gonfio di vendetta e soddisfazione, all’indirizzo dei grillini, seduti e impassibili: “In piedi, in piedi, in piedi”. Bersani libera la tensione e la rabbia con le lacrime. Sono due scene uguali e contrarie: il trionfo di Berlusconi, il pianto di Bersani. La Boldrini si spazientisce. Silenzio. Riprende lo spoglio. Altre 234 schede per Napolitano…

Corriere della Sera (Francesco Verderami) – … La prudenza di Berlusconi in questa fase è il segno che non intende fare passi falsi, soprattutto rispetto al capo dello Stato per evitare la sua reazione. Il Cavaliere – per effetto degli errori del Pd – ha molte carte in mano, ma un errore potrebbe fargli perdere il vantaggio che ha acquisito.

Il Giornale (Paolo Guzzanti) – … Ma l’origine della crisi sta nella scelta difficile e coraggiosa di Giorgio Napolitano quando nel novembre 2011 anziché restituire al popolo la facoltà di decidere, mise in pista il governo tecnico del presidente. Lì cominciò lo spappolamento del Pd. In quella circostanza si registrò la pavidità di Bersani che non volle saperne di affrontare elezioni anticipate che lo avrebbero forse costretto a governare avviando le riforme «lacrime e sangue» che il suo elettorato non gli avrebbe mai perdonato…

Libero (Tommaso Montesano) – …Del resto che il nuovo settennato di Napolitano sia il trionfo del leader del Pdl lo testimoniano le parole di un insospettabile come Nichi Vendola, leader di Sel: «Berlusconi è il vero vincitore di questa partita, perché dalla vicenda del Quirinale esce fuori forte l’ipotesi del governo delle larghe intese». Ma il Cav è combattuto: accanto all’ipotesi di formare un esecutivo del presidente con ministri politici del Pdl, la «condizione» che Berlusconi pone per appoggiare il futuro esecutivo in modo pieno, c’è infatti la tentazione, sponsorizzata dai falchi, di favorire le elezioni anticipate, al massimo entro ottobre, per incassare i dividendi del tracollo del Pd e quindi di conseguenza essere in grado, in caso di dimissioni di Napolitano, di essere l’arbitro della prossima elezione per il Colle…

(9) – “Silvio attento a non forzare la mano”

Dai giornali di oggi, lunedì 22 aprile

Corriere della Sera (Piero Ostellino) – … La sola prospettiva di trasformare la nostra Repubblica parlamentare in Repubblica presidenziale era stata respinta in passato, soprattutto da parte della sinistra comunista e postcomunista, come un pericolo di dittatura, se non, addirittura, di ritorno al fascismo. Persino un antifascista storico come Randolfo Pacciardi, già combattente in Spagna per la Repubblica dopo il golpe franchista e l’intervento dell’Italia fascista a fianco di Franco, era stato bollato come un pericoloso estremista di destra, sovversivo dell’Ordine costituito, garantito dalla «più bella Costituzione del mondo», solo per aver accennato alla opportunità del cambiamento. Dopo che l’esperienza ha mostrato che quello non era stato solo un pregiudizio ideologico, bensì, anche e soprattutto, un abbaglio istituzionale; e dopo che a «smuovere le acque» è stata addirittura la sinistra, la prospettiva pare, ora, tutt’altro che irreale…

La Repubblica (Carmelo Lopapa) – …In ogni caso, spiegava ieri il Cavaliere ai suoi interlocutori «o forniscono garanzie per un governo di almeno due anni, che consenta di smontare Grillo e Renzi, o non se ne fa nulla». Trascorse 24 ore dall’elezione di Napolitano, insomma, il leader Pdl si prepara a dettare le sue condizioni. Un primo paletto sarà la durata, dunque. E poi, il programma dell’ipotetico governo di «coesione». «Io su Imu, detassazione e Equitalia ho quasi vinto le elezioni e a quello non intendo rinunciare», elenca in privato un Berlusconi molto deciso. Non gli è piaciuta affatto l’uscita del ministro dell’Economia Grilli che sabato da Washington ha sostenuto come «l’agenda Monti è quella giusta, dalla quale ripartire». Proprio no, secondo l’ex premier, andrà cancellata. «Tanto per cominciare, si dovrà subito ragionare di come rimborsare e togliere I’Imu» avverte Alfano al Tg5. E quello è solo il primo degli otto punti dettati da Berlusconi che saranno la «bussola», come la chiama Capezzone: in cima alla lista, anche la «revisione» di Equitalia e la detassazione delle nuove assunzioni…

La Nazione (Sandro Rogari) – Finalmente, dopo infinite convulsioni e sessanta giorni di tempo perso, si arriva a comprendere l’ovvio. Ossia che l’unico governo possibile è quello delle larghe intese, o costituente, come ci è piaciuto chiamarlo… Ora, dal momento che il governo trarrà ispirazione dai documenti delle commissioni dei saggi, è bene che in tema di forma di governo ne tragga le conseguenze e si orienti verso la Repubblica semipresidenziale. La Commissione si è divisa sul tema. Ma l’esperienza di questi giorni dimostra che fra la formula del “governo parlamentare razionalizzato” ed il “modello semipresidenziale” il secondo nei fatti si è dimostrato vincente e ci ha tolto dall’empasse.

La Stampa (Amedeo La Mattina) – Il Cavaliere chiude la settimana con diversi punti a suo vantaggio e oltre a resistere va all’attacco perchè, dopo la rielezione di Napolitano su cui aveva puntato fin dal primo giorno dopo le elezioni, ora chiede la grande coalizione. Non si accontenterà di un governo formato da ministri di area: certo, qualcuno fuori dai partiti potrà esserci e tra i saggi nominati dal presidente della Repubblica diversi nomi buoni ci sono, ma l’ossatura deve essere tutta politica. Insomma, questa volta non ci si può nascondere dietro un dito e non si può dare un orizzonte breve… Berlusconi è attento a non forzare la mano, osserva con preoccupazione le convulsioni dentro il Pd, i veti sul nome di Enrico Letta, i no alle larghe intese che montano tra i Democratici. Non vuole mettere in difficoltà Napolitano: attende di sentire cosa dirà oggi il capo dello Stato alla Camera alle 17. Ma il Cavaliere vuole volare alto con un accordo di pacificazione e non prevede un piano B cioè un governo che non sia espressione dei partiti. «Non so se il governo di larghe intese nascerà, se deve nascere deve essere forte, bisogna ragionare su come abrogare l’Imu e rimborsarla, bisogna rispondere alla crisi. Noi sosterremo con ogni forza gli impegni contenuti nel nostro programma». sostiene il segretario del Pdl, Angelino Alfano. Berlusconi è convinto che le sue esigenze corrispondano a quelle di Napolitano: il capo dello Stato non può rischiare, ci ha messo faccia e non farà un governicchio o un altro governo di tecnici. Se poi nel Pd non riescono a trovare la capacità di decidere e mantenere la parola, allora si aprirà la strada del voto. E l’ex premier del centrodestra è sicuro di vincere questa volta…

L’Unità (Massimo Mucchetti) – Riuscirà il pd a votare la fiducia al governo con Pdl e Scelta Civica senza pagare il prezzo di una scissione a sinistra?… Molto dipende dalle residue capacità della segreteria uscente, che ha subito la tripla sconfitta delle politiche, del governo che non ancora non c’è e dell’elezione del Capo dello Stato, e ancor più dipende dagli orientamenti delle diverse correnti di quel rissoso condominio che è il Pd. Ma anche solo porre una domanda del genere dà la misura della profondità della crisi di un partito che, ancora nel dicembre 2012, era serenamente convinto di riscuotere un’ampia maggioranza relativa dei voti e di risolvere, con il balsamo e i pratici vantaggi della vittoria, i problemi irrisolti della sua identità culturale, prim’ancora che politica. Aver contribuito con poche defezioni alla nomina di Giorgio Napolitano ha evitato al Pd di portare i libri in tribunale, ma il capitale di fiducia resta comunque sotto i minimi… Non sospettavo che la malattia del rappresentante politico dell’area socio-culturale del centrosinistra avesse già raggiunto una tale gravità.

Corriere della Sera (Paolo Franchi) – Non era vero, non è mai stato vero. Ma ci hanno creduto in tanti, anche a ridosso dell’evidente sconfitta subita dal Pd in elezioni delle quali, era stato a lungo pronosticato come il sicuro vincitore. Con tutti i suoi guai e le sue divisioni, si diceva, il Pd è l’unico partito, o quanto meno l’unico aggregato paragonabile a un partito, rimasto su piazza. Nonché l’unica forza politica nella quale la leadership sia contendibile, atttraverso il metodo delle primarie. Non era vero, non è mai stato vero, anche nel tempo della Rete un partito è qualcosa di più e di diverso, ulna comunità che condivide non solo regole più’ o meno innovative, ma valori, progetti, un’idea di Paese, se vogliamo anche un modo di stare al mondo…

Il Sole 24 Ore (Stefano Folli) – Nell’osservare le immagini del corteo di Roma e dei militanti Cinque Stelle che si mostrano tanto aggressivi quanto disorientati, risulta abbastanza chiaro un punto: Beppe Grillo ha finito per perdere una battaglia politica che fino a poche ore prima stava vincendo… La giornata di ieri è trascorsa a rimediare alla meglio agli errori compiuti. Abbiamo visto un Grillo ansioso di non passare da incendiario. Infatti ha spento in parte i fuochi, addirittura rinunciando a sovraesporsi. Ma il suo vero timore è che la rielezione di Napolitano finisca per dare una frustata vitale al sistema decotto. Quell’insistere nel dire che «tanto il governo non durerà, tanto non c’è niente da fare», tradisce la paura del leader populista: che una presidenza forte sia in grado di ridurre alla ragione i partiti, obbligandoli a compiere i passi riformatori fin qui rifiutati. E questo sarebbe assai dannoso per il messaggio di Grillo. Il quale si è appunto accorto di aver perso, anche per i suoi sbagli, la battaglia che stava vincendo.