(1) – Berlusconi: la Convenzione? Tempo perso

La riforma della Costituzione deve essere portata avanti dal Parlamento e non dalla Convenzione, che è “tutto tempo perso”. Lo dichiara il leader del Pdl Silvio Berlusconi, intervistato a Mattino Cinque. “Ho assistito al dibattito che c’è stato a sinistra su chi dovesse essere il presidente della Convenzione: tutto tempo perso. Perché una Convenzione, che non è prevista dalla nostra Costituzione, richiederebbe dei tempi di approvazione che non farebbero altro che allungare il percorso per il cambiamento. Io credo – prosegue – che il cambiamento debba essere portato avanti, come dice la Costituzione all’articolo 138, dal Parlamento stesso, deve fare due voti: se non si vuole che ci possa essere un referendum, con una maggioranza di almeno due terzi, in modo tale da arrivare ad un cambiamento vero come oggi è urgente avere”. Berlusconi ricorda che “la Convenzione è nata come proposta dell’onorevole Bersani e confermata dal rapporto dei cosiddetti dieci saggi. E infine l’attuale presidente del Consiglio Enrico Letta l’ha esposta nel suo discorso in Parlamento”.

E aggiunge: “riguardo le critiche che sono arrivate nei confronti della mia persona per una eventuale possibilità che fossi io il presidente della Commissione, ho buttato lì una battuta scherzosa: ‘Ma chi se non Silvio Berlusconi, il più bravo di tutti’. Ma stavo evidentemente scherzando”. “Ma parlando sul serio sono stato il primo nel ’94 ad evidenziare la necessità di questi cambiamenti per dare la vera governabilità al Paese. Sono stato più di nove anni a Palazzo Chigi. Quindi so direttamente quanto sia difficile governare questo Paese e ho le idee chiare, anche perché le abbiamo espresse in un ddl già depositato già da giorni in Parlamento e che potrebbe essere il ddl da cui partire per arrivare presto alla definizione di questi poteri, poteri per il primo ministro, per il governo, per il Parlamento, per la Corte costituzionale e per il presidente della Repubblica”.

Invita poi a “non mettere in difficoltà” il governo, anzi a sostenerlo “al massimo” per consentirgli di varare i provvedimenti per uscire dalla crisi. “Non mi sembra logico in un momento come questo in cui dobbiamo fare il massimo dello sforzo, centrodestra e centrosinistra che si uniscono e che portano avanti insieme un governo per il bene del Paese, e credo che non sia questo il momento per buttare difficoltà addosso a questo governo, che invece dovrebbe essere aiutato al massimo perché possa funzionare e varare quei provvedimenti urgentissimi per l’economia”. Tra i provvedimenti, Berlusconi ne cita diversi: “cambiare il sistema delle autorizzazioni preventive nel sistema delle verifiche successive, rilanciare l’industria delle costruzioni attraverso l’Imu, cambiare i metodi operativi di Equitalia, di consentire le aziende di assumere con facilità i giovani. Sono provvedimenti urgentissimi”. “E’ interesse del Paese – conclude – che tutte le forze politiche, finalmente, per la prima volta nella storia della nostra Repubblica, possano dare da subito il loro contributo affinché il governo possa funzionare e varare da subito questi provvedimenti essenziali per la nostra ripresa”.

Schifani: Nitto Palma resta il nostro candidato

”Il Pdl ancora oggi ha dimostrato di essere una forza responsabile. Abbiamo votato i candidati del Pd scelti assieme per le presidenze delle Commissioni. Altrettanto non e’ successo nel caso del nostro senatore Nitto Palma. Ci attendiamo che domani Pd abbia stesso senso di responsabilita’. Palma rimane il nostro candidato”. Lo dichiara al Tg5 Schifani.

Cicchitto: contro Palma operazione ipocrita

“Se si fosse seguito il criterio sotteso all’infelice termine ‘divisivo’, di sottosegretari e di presidenti di commissione se ne sarebbero potuti fare davvero pochissimi e si sarebbe dovuto ricorrere nuovamente a tecnici e falsi tecnici anche perche’pure questi ultimi sono tutt’altro che neutri. Allora usare il termine ‘divisivo’ unicamente per la commissione Giustizia del Senato nei confronti di Nitto Palma francamente e’ una operazione ipocrita del tutto destituita di fondamento che per di piu’ crea artificialmente un caso inesistente”. Lo afferma Fabrizio Cicchitto, del Pdl, presidente della commissione Esteri della Camera. “I problemi con cui si deve misurare il governo rispetto ai cittadini – conclude – sono benaltri e casomai benaltre le ragioni di discussione e di confronto. Di conseguenza ci auguriamo che la ragionevolezza e il senso di equilibrio prevalgano per il bene di tutti anche perche’nessuno capirebbe un eccesso di conflittualita’ per una sorta di inesistente questione personale”.

 (2) – “Dai pm un attacco ai miei diritti politici”

“Con una sentenza che mi vuole condannare a 4 anni di carcere con l’interdizione dai pubblici uffici si verifica un attacco ai miei diritti politici: dovremo dar vita prima o poi ad una inchiesta in Parlamento per verificare questa situazione e per porre fine ad un fenomeno come questo”. Lo afferma Silvio Berlusconi in una intervista al Tg5 durante la quale il leader del popolo della libertà ha ripercorso l’iter del processo Mediaset. ”La vicenda non mi riguardava e non mi riguarda perché non ho avuto alcuna parte nelle vicende di cui tratta il processo. Non mi sono mai occupato dei bilanci delle società del mio gruppo né mai mi sono occupato di questioni inerenti il fisco in relazione a Mediaset. All’epoca dei fatti del processo 2002-2003 ero presidente del Consiglio, impegnato sul fronte interno e internazionale” Berlusconi esclude di aver mai trattato “alcun acquisto”. E alla domanda su cosa provò quando è stata decisa la condanna a 4 anni di reclusione al processo Mediaset, risponde: “non ci ho creduto, pensavo si trattasse di un scherzo. Ricordo che la cassazione, con due sentenze, confermò la mia estraneità, in quel tempo, ai fatti riguardanti la televisione, ma il Tribunale non ne ha tenuto conto”. Come mai? “Ci sono dei pm e dei giudici che erano politicamente molto impegnati”. E alla domanda se avesse mai conosciuto Frank Agrama: “sì, ma non ho mai avuto con lui un rapporto diretto, c’è stato qualche incontro in alcune cene ma non ho mai avuto occasione di trattare con lui vendite o acquisti di programmi. Non sono mai stato in affari con lui. Non c’è nessun elemento per pensare che io fossi socio occulto di questo Agrama, ma neanche socio”.

E conclude: “confido in una sentenza di piena assoluzione a meno che si voglia ancora una volta eliminarmi attraverso la via giudiziaria. Un tentativo che sta avvenendo da oltre 20 anni”.

(3) – Bonaiuti: da Silvio né ira, né minacce

”Su molti quotidiani stamattina appare tutta una serie di frasi, spesso diverse le une dalle altre e tutte inventate di sana pianta, attribuite al presidente Berlusconi”. Lo afferma in una nota il senatore Paolo Bonaiuti, portavoce del presidente del Pdl, Silvio Berlusconi. ”In realta’ – spiega Bonaiuti – ieri il presidente Berlusconi non ha assolutamente preso posizione ne’ sul tema della Commissione Giustizia, ne’ sulla Convenzione per le Riforme ne’ su alcun’altra questione. Si rimane percio’ senza parole nel leggere le frasi piu’ fantasiose che vanno dall’ira alla minaccia, che non appartengono al presidente Berlusconi e che sono destituite di ogni fondamento”. “E’ evidente – conclude – che ci troviamo di fronte ai frutti esasperati di una fantasia giornalistica in una giornata in cui occorreva comunque fare un titolo”.

Sanità/Lorenzin: non compatibili ulteriori riduzioni di spesa

”Ulteriori riduzioni di spesa non appaiono affatto compatibili”. Lo ha affermato il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, intervenendo oggi al terzo congresso nazionale della Cisl medici. Lorenzin ha affermato che e’ necessario ”concordare preventivamente con le Regioni modalita’ di risparmio che tengano conto anche degli sforzi e dei risultati che le stesse Regioni hanno realizzato nel corso degli anni”.

 (4) – Alfano: crisi e disagio sociale la sicurezza però è garantita

“La crisi economica e la povertà rappresentano senz’altro un motore del disagio e anche un possibile suscitatore di violenza, ma la situazione dell’ordine pubblico nel nostro Paese è serena e tranquilla. La collaborazione tra le forze dell’ordine, tra le forze di polizia, è assolutamente efficace, i punti di crisi e di possibile rischio sono presenti e quindi mi sento di rasserenare tutti”. Lo afferma il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, intervistato dal Tg1. “Riguardo al problema della violenza sulle donne – prosegue -, troveremo i soldi che servono per difendere le donne. Non esiste limite di spesa o vincoli di bilancio che possano fermare il governo per difendere le donne”. “La legge sullo stalking approvata nella scorsa legislatura – conclude – ha funzionato molto bene, se ci sarà da irrobustirla lo faremo. Ne parleremo nel prossimo Consiglio dei Ministri, anche secondo quanto indicato dal ministro Idem che ha proposto una task force. Una rotta c’è già ed è il piano nazionale contro la violenza sulle donne approvato nella scorsa legislatura”.

Commissioni/Fioroni (Pd): il mio partito deve rispettare i patti

”Il governo deve essere aiutato ad essere coerente nel proseguire la propria navigazione. Per la scelta dei ministri si segui’ quello che e’ stato chiamato ‘lodo Fioroni’ decidendo di non scegliere ministri del governo Prodi ne’ del governo Berlusconi per non creare spigoli su cui andare a sbattere. Poi con i sottosegretari e con i presidenti commissioni questo sforzo non si e’ proseguito e questo ci porta alla difficolta’ di generare scelte comprensibili”. Risponde cosi’l’esponente del pd Giuseppe Fioroni alle domande di Mario Adinolfi nel corso della trasmissione ”Citofonare Adinolfi” in onda su Radio Ies. L’esponente del Pd prosegue: ” Quando si fanno accordi se si e’ un partito serio e autorevole si devono rispettare. Non so se coloro che hanno sottoscritto i patti avevano contezza di quello che sottoscrivevano e soprattutto se avevano la disponibilita’ sull’accordo e di cio’ se ne assume la responsabilita’ chi li ha fatti”.

(5) – Noi manteniamo gli impegni

Noi abbiamo una sola parola, e la manteniamo. Dopo il voto del 24 febbraio ci siamo dichiarato subito disponibili ad un governo di larghe intese, unica soluzione possibile per dare una guida al Paese. Un impegno preso con i cittadini ed anche con il capo dello Stato, che la pensava e la pensa alla stessa maniera. Abbiamo assistito per due mesi alle perdite di tempo del segretario del Pd, nonostante che in questa situazione economica in tempo sia tutto. Eppure alla fine ci siamo fatti trovare pronti ed il governo di coalizione si è costituito con il nostro contributo al più alto livello: Angelino Alfano vicepremier e ministro dell’Interno. Prima ancora abbiamo partecipato in modo decisivo alla rielezione al Quirinale di Giorgio Napolitano, un uomo che merita la stima di tutti. Sulla squadra di governo non abbiamo sollevato problemi di poltrone, e al momento del voto di fiducia nessuno dei nostri parlamentari si è tirato indietro. Quanto al programma, ci eravamo e ci siamo battuti per la riduzione delle tasse e per il lavoro: altro impegno mantenuto e che ha trovato ampio spazio tra le priorità di Enrico Letta.

Si dovevano nominare i viceministri ed i sottosegretari e abbiamo accettato le proporzioni parlamentari uscite formalmente dalle urne, grazie alla legge elettorale (quindi più esponenti del Pd), e non abbiamo sollevato obiezioni di fronte a nomi molto divisivi. Stessa cosa abbiamo fatto per i presidenti delle commissioni, indispensabili per consentire l’avvio operativo dell’azione di governo: 14 di loro sono del Partito democratico, 10 del Popolo delle Libertà. Ecco: noi gli impegni li manteniamo e non veniamo mai meno alla parola data, di fronte al Paese, al Parlamento e al capo dello Stato. E gli altri?

(6) – Gli altri facciano altrettanto

Ma la sinistra quante parole ha? Quali impegni è in grado di prendere e di mantenere? Nonostante l’evidenza dei numeri, nonostante la palese sconfitta della linea di “liberazione antiberlusconiana” tentata per due mesi da Pier Luigi Bersani e dalla sua ala più oltranzista, nonostante la clamorosa figuraccia sull’accordo con i grillini, pare che il Pd, o buona parte di esso, ancora non capisca che cosa significano coalizione e larghe intese. Come ha bene spiegato Enrico Letta nel suo discorso di programma, si tratta di fare tutti – loro e noi – un passo indietro rispetto alle bandiere e identità di partito, e di governare assieme l’Italia per un tratto di strada definito, su un programma che guardi in primo luogo all’economia. Ebbene, questo concetto che non era ignoto a Enrico Berlinguer non sembra andare giù a una parte del Pd attuale, peraltro privo di una guida e di organi dirigenti.

Orfani ancora del tentativo fallito di cancellare il centrodestra e Berlusconi, proseguono per altre vie questa battaglia, nei talk show, nelle interviste e nelle imboscate parlamentari, ostacolando il governo, anzi mettendolo a rischio, impedendogli di agire sulle tre direttrici che si è dato: riduzione della pressione fiscale, lavoro ed Europa. Hanno creato problemi sul programma, sull’Imu, con Letta che diceva una cosa e la Cgil e parte del Pd l’esatto contrario. Hanno ostacolato la nomina di viceministri e sottosegretari, sollevando obiezioni ad personam su nomi assolutamente degni, mentre noi abbiamo rispettato tutte le loro scelte. Ieri l’inaccettabile tradimento degli impegni presi per la commissione Giustizia, su Nitto Palma, un magistrato, un galantuomo ed un grande esperto della macchina giudiziaria. Continuano ad usare come alibi la richiesta di “discontinuità”, eppure tra i loro nomi eletti ieri ci sono esponenti di lunghissimo corso della politica: la discontinuità vale solo a senso unico? Ma non basta. Scoppia anche la guerra tra grillini e sinistra vendoliana: proprio l’asse di quello che doveva essere il governo Bersani. Quante parole ha la sinistra? Siamo al punto che Enrico Letta deve portare in convento la sua squadra di ministri proprio per metterla al riparo dagli spifferi politici: spifferi, però, che provengono tutti dal suo partito.

Henry Kissinger diceva: “Se chiamo l’Europa, chi risponde al telefono?“. Ora si può ben dire: se si chiama il Pd, chi risponde, al telefono e non solo?

(7) – “Lavoro e casa non sono in antitesi”

”Al presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, ricordiamo che alleggerimento della tassazione sul lavoro e alleggerimento della tassazione sulla casa non sono in contrapposizione”. E’ quanto scrive in una nota il capogruppo Pdl alla Camera, Renato Brunetta. ”Anche perche’ – aggiunge – per quanto riguarda il lavoro, la Legge di Stabilita’ per il 2013 ha gia’ previsto un fondo di 1,2 miliardi per la detassazione dei salari di produttivita’ e ha stanziato un miliardo all’anno per la riduzione dell’Irap. Se a cio’ si aggiunge la riforma della Legge Fornero e la detassazione delle nuove assunzioni di giovani, tutto e’ perfettamente in linea con le richieste provenienti dal mondo delle imprese. Per quanto riguarda la casa, fondamentale per l’Italia e’ la ripresa della domanda interna, che si fa eliminando l’Imu, vale a dire ripristinando la fiducia, aumentando il reddito disponibile delle famiglie, stimolando i consumi”. ”Il contrario di quanto e’ avvenuto nel 2012, quando con l’introduzione dell’Imu le compravendite immobiliari si sono ridotte del 23,7% (l’equivalente di 250 mila unita’, pari a un minor reddito di 8-10 miliardi di euro); i mutui sono diminuiti del 39.5%; la produzione nelle costruzioni del 13,6% e gli investimenti del 7,6%. I due obiettivi, lavoro e casa, pertanto, sono complementari, e tali devono essere considerati dal nuovo governo”, conclude Brunetta.

Prestigiacomo: intrapresa la strada per il rilancio dell’economia

“Bene il ministro Saccomanni che, dopo aver confermato ieri l’intervento, a breve, sull’Imu tra le priorità, insieme alla Cig in deroga e l’occupazione giovanile, ribadisce, in sede di dibattito sul Def in Senato, l`importanza di una stretta collaborazione tra governo e Parlamento”. Lo dichiara in una nota Stefania Prestigiacomo del Pdl. “Quella intrapresa – sottolinea – mi pare la strada giusta per avviare il percorso di rilancio dell’economia e per presentarsi forti e autorevoli nei prossimi appuntamenti in Europa, cruciali per il nostro futuro anche in vista della possibilità di richiedere da parte dell`Italia il via libera a sforare il deficit nel 2014”.

(8) – Cangini/Il Pd e la politica dei veti

 Da La Nazione, a firma Andrea Cangini

 Esordio non propriamente folgorante. Ad appena una settimana dalla fiducia parlamentare, il governo naviga già in acque piuttosto agitate: slittano i tempi dei provvedimenti economici; si scopre che lo strumento individuato per approntare le riforme istituzionali cui Enrico Letta ha legato il proprio futuro di premier, la Convenzione, sarebbe incostituzionale e sarà dunque archiviato; mentre ieri in Senato il veto del Pd sul berlusconiano Nitto Palma ha determinato lo stallo nell’elezione del presidente della commissione Giustizia. Tutti problemi di facile soluzione, volendo; di cui il terzo appare il più allarmante. E’ infatti chiaro che il Pd non riesce a derubricare il Pdl da nemico acerrimo ad alleato necessario. La politica dei veti è dunque un diversivo per alleggerire le tensioni al vertice, accontentare i militanti e ricompattare gruppi parlamentari evidentemente soggetti a forze centrifughe. Il Pdl ha così ceduto al veto su Paolo Romani per la commissione che a palazzo Madama si occuperà di Telecomunicazioni e sarebbe stato pronto a cedere al veto su Berlusconi per la guida della Convenzione per le riforme istituzionali. Ma così come alla Camera ha votato l’ex ministro del Pd Cesare Damiano (quanto di più lontano dal berlusconismo di governo) alla guida della commisione Lavoro, sul proprio ex ministro Francesco Nitto Palma alla commissione Giustizia del Senato non intende recedere. La questione si risolverà oggi con una prova di forza, ma il problema di fondo resterà intatto. Il punto, infatti, è che gli eletti del Pd non accettano la linea del Pd. Anche perché, dopo l’abbandono di Bersani, a deciderla sono leader che molti di loro considerano delegittimati. Non c’è soluzione, però. I democratici non possono permettersi il lusso di un chiarimento interno. Non accadrà all’assemblea nazionale di sabato prossimo, che si concluderà con l’indicazione di una segreteria di compromesso frutto di un patto di non belligeranza. E non è detto che accada in occasione del congresso d’autunno. Nel Pd è opinione diffusa che affrontare davvero le questioni interne significherebbe mettere a repentaglio sia la vita del governo sia quella del partito. Non si capisce però come l’ambiguità e la negoziazione continua possano stabilizzare tanto il governo quanto il partito.

(9) – Sorgi/Incidenti parlamentari e sicurezza

Da La Stampa, a firma Marcello Sorgi

 La doppia bocciatura del candidato del PdL alla presidenza della commissione giustizia al Senato, l’ex guardasigilli Francesco Nitto Palma, ha aperto un nuovo caso nella vita della maggioranza di larghe intese. Dato che è l’unico imprevisto verificatosi nella realizzazione del complesso accordo sulle commissioni alla Camera e al Senato, nessuno ha drammatizzato più di tanto, anche se il capogruppo berlusconiano Schifani ha parlato di «fatto politico», e non di semplice agguato di franchi tiratori. Inoltre, si sa, in ogni legislatura c’è una commissione che impazzisce: la volta scorsa toccò alla Vigilanza Rai, dove fu necessario quasi un anno prima di arrivare all’elezione del presidente e furono necessari alcuni mesi per convincere alle dimissioni il candidato votato dal centrodestra a dispetto centrosinistra. La commissione giustizia è attesa a un lavoro nevralgico sulle proposte di riforma avanzate dalla commissione dei saggi e agli esiti imprevedibili delle eventuali prossime condanne di Berlusconi. Tra l’altro Nitto Palma, quando il centrodestra era al governo, era stato selezionato come ministro di giustizia non conflittuale, in tempi in cui ancora si lavorava, senza alcun risultato perla verità, alle riforme in campo giudiziario. Ci sono due possibilità: che il «no» di alcuni senatori del centrosinistra riveli un’insofferenza più generale all’avvio del governo di larghe intese (e in questo caso, oggi, alla nuova votazione prevista per le 14, Nitto Palma, riproposto potrebbe passare). Oppure che ci sia una sorta di veto personale: si aggraverebbe così la dimensione del caso politico, perché il nome dell’ex ministro é stato concordato all’interno di un pacchetto che riguardava tutte le commissioni, e dopo che un altro candidato rifiutato dal Pd, come l’ex ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani, era stato accantonato.

A Palazzo Chigi ci si augura che tutto possa risolversi in giornata. Malgrado l’avvio stentato e le polemiche quotidiane che accompagnano la vita dell’esecutivo, Letta é infatti convinto che il suo governo non corra pericoli reali e le difficoltà iniziali tenderanno a stemperarsi, man mano che il rapporto con il Parlamento verrà impostato sulla normale dialettica che riguarda il contenuto dei provvedimenti. Il presidente del consiglio, anche per agevolare la conoscenza e lo spirito di squadra tra i ministri, ha convocato una due giorni di confronto e di lavoro nel fine settimana. Iniziativa inedita, ma in linea con l’esperienza personale di Letta e del suo think-tank bipartizan annuale «VeDrò».

(10) – “Il Cavaliere sale e continua a salire”

Dai giornali di oggi, mercoledì 8 aprile

 Italia Oggi (Marco Bertoncini) – Una crisi simile, in un grande partito, riesce complicato trovarla. Eppure il Pd, da solo, si è infilato in un budello dal quale non riesce a districarsi … In quali condizioni di sfilacciamento sia il partito, però, si vede dall’affastellarsi dei candidati a succedere a Pier Luigi Bersani. Nel giro di pochi giorni sono apparse caterve di nomi, perfino improbabili, da Renzi a Epifani, dalla Finocchiaro a Pittella, da Violante a Chiti, da Civati a Cuperlo … Si è parlato come segretario anche di Barca (tesserato da pochi giorni) e di Chiamparino (il quale ha negato di avere rinnovato l’adesione), c’è di che dubitare trattarsi di una battuta. Nemmeno quando circolano i totoministri si arriva a un elenco così caotico ed esteso… Intanto, arrivano sondaggi che assegnano al partito poco più del 20%. Se il partito non recupera unità e linea politica, rischia di precipitare come séguito elettorale: non per azione di partiti avversi, bensì per incapacità propria.

Il Sole 24 Ore (Stefano Folli) – … Il Pd sta diventando un caso limite. La disciplina interna è sempre più una variabile indipendente. È stato così, come sappiamo, nel voto per il Quirinale, quando il centrosinistra ha sfiorato il suicidio … Sfortuna vuole che le grandi coalizioni si facciano proprio con i «nemici», non con gli amici. E che il Pdl si sia rivelato molto astuto nel mostrare la più assoluta lealtà all’accordo di spartizione delle presidenze. Ne consegue che il centrosinistra è in trappola … Può accadere che il Pd ritrovi una parvenza di disciplina interna e accetti, sia pure a malincuore, di sostenere il candidato berlusconiano, in sintonia con le intese preliminari.

Libero (Gianluca Veneziani) – Forse è destino di tutti i traditori essere traditi. Gianfranco Fini convocherà a Roma l’ultima assemblea nazionale di Fli, in cui comunicherà la sua decisione di abbandonare la guida del partito e la politica, smarcandosi dagli altri futuristi, che lavorano da tempo a un riavvicinamento con gli ex-An e Berlusconi Si tratta dell’ultimo atto della commedia «Quattro matrimoni e un Fini-rale»: Fini si è sposato quattro volte, nell’ordine con Msi, An, Pdl e Fli, e adesso celebra il suo funerale politico. D’ora in poi si ritirerà a vita privata oppure darà luogo a una fondazione, per far politica, ma da lontano. Curioso che abbia ancora la forza di «fondare», un uomo che ha sfasciato tutte le compagini di cui è stato parte…

Corriere della Sera (Giovanni Sartori) – …Un vecchio proverbio diceva che il mondo è fatto a scale, c’è chi scende e c’è chi sale. Nel mio scenario il nostro Cavaliere sale, continua a salire.

La Stampa (Amedeo La Mattina) – «Noi siamo e dobbiamo continuare ad essere responsabili e leali con loro, ma se il Pd non è in grado di mantenere un impegno e di controllare i suoi parlamentari prima o poi la maggioranza si farà male e con essa il governo». Berlusconi non ha nessuna intenzione di creare problemi al premier Letta, continua a indossare la maschera dello statista. Non ha però intenzione di farsi mettere due dita negli occhi come è successo ieri al Senato dove Nitto Palma è stato impallinato dagli otto senatori del Pd. Nonostante l’accordo della sera prima siglato dai capigruppo Zanda e Schifani. Le questioni potrebbero moltiplicarsi, le tensioni strappare la tela della coalizione … «Ci devono dire se sono in grado di rispettare i patti o no, e questo deve valere su tutto – ha detto il Cavaliere – perché non possiamo andare avanti con intese fatte di giorno e disfatte di notte. Cosa succederà con i provvedimenti economici e sulle riforme costituzionali?» …

Il Tempo (Davide Giacalone) – … Il Pd rantola. Quello che ieri è saltato … non è l’accordo di divisione delle presidenze di commissione, stipulato fra i tre gruppi della maggioranza, ma l’accordo interno al Pd circa il sostegno al governo di Enrico Letta … Quello che il Pd sta mettendo in atto è un lungo suicidio, cui gli italiani tutti sono chiamati ad assistere.

Libero (Salvatore Dama) – …Gli azzurri sono furiosi. C’era un accordo con i democratici: le cariche parlamentari erano state divise col bilancino, ivi comprese le Commissioni Giustizia di Camera e Senato. Il Pdl era rassegnato a sorbirsi la “giustizialista” Donatella Ferranti a Montecitorio (regolarmente eletta al primo colpo), in cambio dell’indicazione dell’ex Guardasigilli a Palazzo Madama. Tale e quale: Palma viene affondato per due volte. A testimonianza della fase di ingovernabilità che sta attraversando il partito del segretario dimissionario Pier Luigi Bersani…

Il Tempo (Gennaro Malgieri) – L’ultimo atto di Fli è il congedo. Da un’illusione, da una improvvida avventura, da un malinconico progetto senza sbocchi politici. L’assemblea nazionale oggi sancirà la fine del breve percorso, accidentato come pochi altri nella più che ventennale stagione di partiti effimeri. Gianfranco Fini, già leader di Alleanza nazionale che ottenne lusinghieri successi tra il 1994 e il 2006, fino a toccare la vertigine del 15,7% dei suffragi, si ritira dichiarando di aver fallito e accetta la sconfitta …

La Repubblica (Barbara Spinelli) – … La sinistra governante non è più la sinistra. Vende l’anima, tradisce promesse fatte non ieri, ma qualche ora prima…

Il Giornale (Salvatore Tramontano) – … Enrico Letta, infatti, deve soprattutto fare i conti con il proprio partito, che ha problemi di identità e non trova un equilibrio coerente. E il partito di maggioranza relativa, seppur di poco. Si è preso tutte le poltrone più importanti, compreso il Quirinale e Palazzo Chigi, eppure pretende di scegliere anche i candidati del Pdl. Soffre questa stagione politica. I vertici del partito e la base, gli opinionisti e gli elettori stanno in questa storia con il mal di pancia, come chi è stato invitato a un ballo ma se ne sta seduto accanto al muro, giudicando gli altri impresentabili per timore di essere giudicato. Che partito è quello che non riesce a sostenere le proprie scelte? Il Pd non è in grado di garantire nulla, non rispetta un accordo, non è capace di dare un senso a un patto qualsiasi. Dopo le disavventure quirinalizie con Marini e Prodi la stessa scena, e le stesse logiche, si ripetono in Parlamento. Nitto Palma doveva andare a presiedere la commissione giustizia. Tutto visto, tutto controfirmato. Poi il ripensamento. Il partito che va in barca. Quel clima da esame di coscienza perpetuo che rimette in discussione al mattino le scelte della sera. Di chi hanno paura i capi del Pd? Della lobby dei giudici? Di Magistratura democratica? Della minoranza giustizialista dell’elettorato Pd? È un partito che vive alla giornata e il primo che si alza detta legge. Ogni giorno un segretario improvvisato…