di Vittorio Feltri (tratto da IL GIORNALE)

Polizia e carabinieri chissà perché hanno sempre torto, qualsiasi cosa succeda è colpa loro. Era così 40 anni fa e nulla da allora è cambiato. Cito a memoria. Nel 1969 (mi pare) fu ucciso l’agente Annarumma e nelle polemiche giornalistiche emergeva un concetto stravagante: praticamente, il poveraccio se l’era andata a cercare. Se avesse scelto il suicidio in caserma avrebbe fatto un favore alla Patria. La storia recente d’Italia è disseminata di vittime in divisa che hanno fatto piangere i connazionali un giorno solo, quello del funerale. L’unico mutamento che si è registrato in circa mezzo secolo in materia di ammazzamenti riguarda proprio le esequie.

Il feretro non merita più le lacrime: viene applaudito. Assurdo e raggelante. Andiamo avanti a spanne. Genova 2001. Si svolge il G8. I no global salgono alla ribalta e i telespettatori ne fanno conoscenza per la prima volta. Brutti, sporchi e cattivi, questi sbruffoni si rivelano anche violenti e organizzati: sfasciano qualsiasi cosa capiti loro a tiro, anche teste umane. Il capoluogo ligure per un paio di giorni si trasforma in un immenso ring. Botte, sprangate, devastazioni. Una camionetta dei carabinieri viene circondata. Dentro c’è un ragazzo di leva, un ausiliario dell’Arma che rischia il linciaggio. È imprigionato nel veicolo. Un tale che non cito, che poi è stato santificato, ha fra le mani un estintore ed è sul punto di lanciarlo addosso al carabinierino. Il quale, sentendosi perduto, spara e fredda l’aggressore. Invece di dargli una medaglia, lo processano. Per poco non finisce in galera. Questo per dire che razza di Paese è il nostro. Le forze dell’ordine in quei giorni di sangue subiscono ogni genere di attacco brutale. Sono massacrate. Perché non reagiscono?

Vietato. Il manifestante è intoccabile perché amico della sinistra. Chi fa casino, purché ne faccia tanto, piaceva ai progressisti di ieri e piace a quelli di oggi. Guai a torcergli un capello. Si sa, la meglio gioventù mena e ha il diritto di non essere menata. Ed è un vero peccato, perché quattro sganassoni sono più educativi di un corsivo dell’ Unità . Dopo 48 ore vissute pericolosamente, alcuni poliziotti esausti e leggermente irritati prendono un vasto campione della suddetta meglio gioventù e si sfogano su di esso. Un po’ ciascuno a cavallo dell’asino. Non è un bel modo di farsi giustizia: è reato. Un reato come quelli dei manifestanti mai puniti. Ai poliziotti però viene riservato un duro trattamento. Tutti in tribunale.

Condannati alla prigione. Due pesi e due misure. Da notare che i no global erano volontari e avrebbero potuto starsene a casa, mentre gli agenti erano a Genova perché comandati, e remunerati maluccio, come risaputo. Non importa. Il rivoluzionario va rispettato, lo sbirro è uno sbirro e sputacchiarlo è un dovere del proletariato. Di storie così ce ne sarebbero mille da raccontare. Ma arriviamo subito a sabato. Carabinieri e polizia, consapevoli di essere reputati dei paria, presidiano la piazza con discrezione, quasi con vergogna, se ne stanno in disparte se non alla larga.

Almeno, pensano, non diranno che abbiamo provocato i signorini ribelli. Quando scoppia la baraonda si limitano a contenerla. Non caricano. Non sparano. Ne buscano senza battere ciglio se non in caso di corpo a corpo. Evidentemente hanno eseguito alla lettera gli ordini: guai a voi se fate la bua ai criminali. Stavolta se la sono meritata o no la medaglia? Macché. Giù critiche. Giù accuse. Insomma, chi indossa l’uniforme è un reprobo per definizione. Se interviene per tutelare l’ordine pubblico e reprimere violenze, sbaglia. Se non interviene, sbaglia lo stesso. E allora? I poliziotti sono pagati, poco, per farsi prendere a legnate e per il naso. Cosa vogliono di più? I loro colleghi di tutti i Paesi occidentali sono considerati colonne della democrazia, i nostri compatrioti sono carne di porco.